Capitolo nove
Quella sera tardi, dopo che i suoi genitori si erano ritirati, Michele ed io eravamo sdraiati sul letto a discutere degli eventi del giorno e giocavamo tranquillamente uno con la verga e le palle dell’altro. Col passare dei giorni la nostra relazione era cambiata da un rapporto che sembrava pieno di sessioni di sesso frenetiche ed affrettate ad uno molto più comodo e rilassato e di conseguenza il sesso era molto, molto migliore. Stavamo imparando a far godere l’altro e non a cercare solo il nostro piacere personale.
Avevo cominciato a comprendere che Michele, mentre esteriormente sembrava esuberante e senza paura, in realtà era piuttosto timido e riservato. Diventava anche facilmente geloso come avevo scoperto a mie spese quella mattina.
Speravo comunque che fosse passato tutto mentre chiacchieravamo del ragazzo che avevamo incontrato alla Mena House.
“Che ne pensi, ci andiamo o no domani?” Lui chiese.
Mentre pensavo cosa rispondere, lo baciai pigramente e gli leccai i capezzoli, cosa che, lo avevo imparato, lo rendeva selvaggio.
Personalmente non c’era nulla che avrei gradito di più di tornare all’albergo e vedere se era possibile divertirci un po’ col giovane cameriere, ma non potevo fare a meno di pensare se la cosa avrebbe fatto piacere o no a Michele e la nostra relazione non era ancora abbastanza forte da farmi correre un rischio. Ero sicuro che sarebbe stato d’accordo di andare, ma la cosa non lo rallegrava troppo.
“Non so.” Risposi: “Potrebbe non esserci ed avremmo sprecato un viaggio. Comunque tu pensi che sarebbe interessato a noi? Ed anche se lo fosse, cosa potremmo fare con lui?” Stavo disperatamente tentando di fare prendere a Michele la decisione finale.
“Sì, probabilmente hai ragione. Pensiamo a qualche cosa d’altro da fare.”
Lo sentii rilassarsi mentre lo diceva ed un altro piccolo mattone fu cementato nella nostra relazione.
“La cosa che mi piacerebbe fare sarebbe passare tutto il giorno a letto con te e che si fotta il mondo!”
Sorridendo a quel pensiero Michele mi baciò sulla guancia e disse: “Esagerato! Non scamperesti ad un giorno a letto con me!”
“Probabilmente no, ma mi piacerebbe provare.”
“Allora è deciso, staremo in casa.”
Con mia vergogna, anche se ero molto lieto della prospettiva, la prima cosa che mi balenò nella mente fu che ci sarebbe stato in giro Anwar. Respingendo questo pensiero in fondo alla mia mente, cominciai a rivolgere la mia attenzione seriamente al mio compagno di letto.
Dovevano essere circa le quattro di mattina quando decidemmo che era tempo che ognuno andasse nel suo letto e tentasse di riposare un po’.
Michele ed io avevamo speso la maggior parte del tempo a chiacchierare e fare il sesso più meraviglioso e lento allo stesso tempo. Credo che ognuno di noi non volesse venire poiché sapevamo che una volta che fosse successo ci avrebbe preso un po’ di depressione e si sarebbe persa le magica atmosfera che ci avevamo creata. Stavamo vivendo un periodo veramente bello, finendo con un sessantanove succhiandoci l’un l’altro e facendo in modo di venire insieme, dopo di che di malavoglia ci rendemmo conto che era il momento di dormire.
Mi svegliai per primo ma non mi mossi, invece presi uno dei libri di Michele e cominciai a leggere. Sdraiato su di un fianco ed appoggiato il libro sull’orlo del letto, potevo vedere la testa di Michele girata verso di me sul cuscino. Allora persi ogni interesse nel libro e rimasi là sdraiato a guardare il mio miglior amico. Guardando il letto vidi che sotto il sottile copriletto aveva un’erezione mattutina. Questo naturalmente fece alzare anche il mio cazzo per simpatia, lo afferrai ed iniziai a giocarci delicatamente e pensierosamente. Non c’era nulla che avrei gradito di più che uscire dal mio solitario letto ed unirmi a Michele nel suo, ma pensai che non sarebbe stata una buona idea farci trovare insieme dai suoi genitori, almeno non ancora.
Nei giorni precedenti avevamo discusso della nostra relazione e di quello che poteva accadere se uno dei genitori ci avesse scoperti. Non eravamo arrivati ad alcuna reale decisione, ma io penso che ambedue avevamo convenuto che ora eravamo molto più che degli amici e prima o poi qualcuno avrebbe fatto due più due, specialmente avvicinandosi il momento di tornare a casa. Quest’ultimo pensiero mi colpì con forza. Mancava solamente una settimana o due prima che questo accadesse e questo già mi deprimeva. ‘Devo parlare con Michele e vedere se ci viene qualche idea.’ Pensai: ‘Dobbiamo fare qualche cosa.’
La porta della camera si aprì ed entrò il papà di Michele. La sua abitudine di entrare senza bussare stava cominciando ad inquietarmi. Non sapevo cosa ne pensasse Michele, ma io ero veramente incazzato. Non tanto per la paura che ci scoprisse insieme, era solo per una questione di privacy.
“…giorno, Tony” Disse e guardando Michele alzò la voce: “Ho detto ‘giorno’ Michele. È ora di svegliarsi.”
Michele si girò ed aprì pigramente gli occhi.
“Ngiorno papà” riuscì a dire ancora mezzo addormentato: “Che ora è?”
“Ora di alzarvi, tutti e due. Sto per andare al lavoro e tua madre viene con me, deve fare shopping. Ho lasciato un elenco di cose che dovrete fare prima di uscire. È sulla tavola di cucina. C’è anche un biglietto da dieci sterline. Andate a mangiare al Club se volete, ci vediamo quando torniamo.”
Chiuse la porta dietro di se e lo sentimmo allontanarsi. Michele non fece alcuno sforzo per muoversi e così pensai che avrei fatto meglio a lanciare qualche segnale. Gettai indietro il copriletto e mi sedetti sull’orlo del letto di fronte a lui con la mia erezione.
“Gesù!” disse sorridendo: “Non a quest’ora di mattina, vero?”
“Sciocco! Non mi sembra che a te non vada.” Risposi: “Guardalo!”
Fissando il suo inguine, capì cosa volevo dire: “È ancora colpa tua. Se tu non fossi qui, non accadrebbe.”
Ci scambiammo qualche parola su questo tono finché non decisi di andare a fare una doccia prima che le cose ci sfuggissero di mano. Afferrai un asciugamano ed avvoltolo intorno alla vita mi diressi verso il bagno.
“Michele è già sveglio?” Sentii sua madre chiedere dalla sua camera da letto.
“Sì.” Ho mentito: “Io sto andando a fare una doccia.”
“OK, ci vediamo più tardi.”
Mi stavo asciugando quando sentii la macchina partire. Gettai uno sguardo fuori della finestra per assicurarmi che ci fossero dentro tutti e due, poi corsi alla nostra camera da letto, aprii la porta e saltai sul letto di Michele.
“Se ne sono andati!” Dissi baciandolo sulle labbra.
“Bene!” Rispose rendendomi il favore: “Forza, vieni!”
Scivolando sotto la coperta, misi le braccia intorno a lui ed appoggiai la testa sulla sua spalla.
“Hai dei progetti?” Chiesi.
“Cosa? Per ora o più tardi?” Disse afferrando il mio uccello.
“Sia l’uno che l’altro. Posso pensare a qualche cosa da fare ora, ma più tardi?”
Lui sorrise: “Decideremo dopo.”
Ci girammo uno di fronte all’altro e ci abbracciammo stretti, Michele fece scivolare il cazzo tra le mie gambe e cominciò a fottermi ad un ritmo tranquillo.
“Mmmmmmm. Che bello!” Bisbigliai: “Questo è il miglior modo di svegliarsi.”
Credo che rimanemmo là sdraiati fino ad oltre le dieci, dopo tutto non c’era alcuna specifica ragione di alzarsi e per una volta eravamo soli in casa a godere il nostro rapporto senza la preoccupazione di essere interrotti da qualcuno, soprattutto dai genitori di Michele. Eravamo completamente rilassati ed in pace col mondo. Io per primo la trovavo una situazione nuova e molto piacevole. Mai prima di allora ero stato così felice ad essere con qualcuno che mi piaceva così….. così tanto (Maledizione! A momenti stavo usando quella parola che avevo tanta paura di usare). Eravamo così comodi che non parlammo per un po’, solo contenti di essere là con l’altro. Suppongo sappiate che è in queste situazioni che si diventa più riflessivi e la mente viene attraversata da molti pensieri, io cominciai a pensare a me, a Michele, alla vita al Cairo ed alla vita quando fossi tornato al mio paese. Non potevo ricordare di essere mai stato così felice, non intendevo quel momento, la felicità transitoria come quando si riceve un regalo al compleanno o a Natale, ma la felicità a ‘lunga scadenza’ quando sembra che nulla possa disturbare la tua pace e tranquillità.
Annidando la testa sulla spalla di Michele, lo baciai piano sul collo e rimasi accoccolato nel letto lasciando che la mia mente vagasse.
Abbastanza stranamente la prima cosa a cui pensai furono le ragazze. Non sarei mai e poi mai riuscito ad immaginarmi con le stesse sensazioni di quel momento con una ragazza, a letto o no. Lo sentivo semplicemente impossibile. Nessuna ragazza avrebbe mai potuto avvicinarsi al genere di cose che si era instaurato tra Michele e me e non ci volevo neppure pensare.
“Michele” Gli bisbigliai in un orecchio: “Pensi mai a ragazze?”
“Sì, talvolta suppongo di farlo. Ma non molto spesso” Rispose: “Perché?”
“Ci stavo pensando ora e credo che non mi sentirei come mi sento ora con una ragazza, sarebbe qualche cosa di diverso e non penso che sarebbe altrettanto bello.”
“Sì. Capisco quello che vuoi dire, credo. Io non sono mai stato a letto con una ragazza. L’unica volta che ci sono stato vicino è stato prima di venire in Egitto, ne fui molto spaventato e fuggii via. Capii che non mi piaceva e che non volevo farlo. Non il genere di cose sexy che facciamo tu ed io.” Rispose stringendomi delicatamente le palle.
Il silenzio cadde ancora tra di noi per alcuni minuti, poi lui si girò a guardarmi e disse più seriamente del solito: “Cosa facciamo?”
Istintivamente capii che lui intendeva di più, molto di più, dei nostri piani per la giornata, o anche per la settimana seguente.
“Non ne ho idea ma suppongo che dobbiamo fare qualche cosa al più presto.”
“Sì, hai ragione, ma non so fottutamente cosa. Penso che per papà sarà OK, ma mamma non lo accetterà, e il tuo vecchio?”
“Non so. Non abbiamo mai parlato di sesso e di quel genere di cose. Di tanto in tanto mi ha fatto qualche domanda su ragazze, ma non se n’è mai preoccupato molto. Penso che se gli dicessi di te e me non farebbe niente, mi direbbe solo che non è normale e l’accetterebbe come una fase che sto attraversando, pensando che ne uscirò crescendo. Io non penso che dovrò pensarci.”
Michele rispose dicendo che lui e suo papà avevano parlato una volta di omosessualità quando lui aveva invitato a cena un collega di lavoro che era gay e gli aveva tenuto una conferenza su come non comportarsi e cosa non dire e così via, ma a papà piaceva quel tipo ed avevano un buon rapporto. Non pensava che sarebbe stato un problema per lui, ma la mamma……….!
La conversazione stava diventando troppo seria e profonda per i nostri gusti, specialmente dato che avevamo pensato di divertirci.
“Oh, che si fottano tutti!” Dissi ridendo e cominciai a fargli il solletico sotto le braccia. Naturalmente questo portò ad una lotta nel letto dove ognuno tentava di afferrare le palle dell’altro. La prima cosa che accadde fu che la coperta cadde sul pavimento e noi stavamo rotolando dappertutto sul letto. Eravamo così avvinghiati l’uno all’altro che non sentimmo la porta aprire ed Anwar entrare, finché non lo vedemmo sistemare degli asciugamani nell’armadio.
“Sabbah el Khir!” Disse sorridendo.
“Buon giorno!” Rispondemmo all’unisono. Fortunatamente Anwar era l’unica persona al
mondo che sapeva di noi e non aveva problemi per la nostra relazione.
Non c’era alcun imbarazzo per entrambi mentre ci districavamo e guardavamo prima Anwar e poi l’un l’altro.
Michele dovette vedere dall’espressione sulla mia faccia quello che avevo in mente.
“Lo facciamo?” Mimò con la bocca.
Io accennai col capo, Anwar avrebbe allontanato per un po’ le nostre menti dai nostri problemi.
“Zubra?” Gli chiese.
“Aiwa!” Lui rispose illuminandosi in un bel largo sorriso e dando un’occhiata fuori della finestra per controllare dov’era sua madre e, visto che stava facendo il bucato, chiuse le imposte e si spogliò.
Guardandolo attraversare saltellando la stanza per unirsi a noi, non potevo fare a meno di ammirare il suo corpo sottile, flessuoso e la verga che aumentava di dimensioni.
Sdraiandosi tra di noi ci baciò delicatamente sulle guance e prese i nostri cazzi, uno per mano, portandoli immediatamente alla massima stimolazione.
Per alcuni minuti giocammo uno con gli altri toccandoci. Non passò molto prima che Anwar decidesse che ne avevamo avuto abbastanza di quei giochi e giratomi su di un fianco con la schiena verso di lui, indicò a gesti quello che intendeva fare. Io accennai col capo in accordo; poi si giro verso Michele e gli chiese se gradiva incularlo (Una delle poche parole inglesi che gli avevamo insegnato!)
Michele non obiettò ed andò a prendere la vecchia fidata bottiglia di shampo.
Anwar imbrattò rapidamente il mio culo con lo shampoo e se ne sparse anche un po’ sull’uccello, poi lo pigiò delicatamente tra le mie natiche, trovando immediatamente il suo obiettivo come se fosse stato guidato da un radar! Con piacere notai che il dolore tendeva sempre a diminuire o perché mi stavo abituando o perché il suo pene era decisamente più piccolo di quello di Michele. Qualsiasi fosse la ragione, non ne fui infastidito e mi piacque.
Anwar scivolò dentro di me e spinse delicatamente per arrivare il più in fondo possibile. Si rilassò su di me sdraiandosi ed allargando le natiche per Michele. Girandomi finché potevo vidi che Michele aveva il cazzo rigido e coperto dell’onnipresente shampoo. (Se solo la madre di Michele avesse saputo per cosa veniva usato!) Michele ebbe più difficoltà a penetrare Anwar, in parte a causa della taglia del suo uccello ed in parte perché Anwar non era abituato a prenderlo come noi lo stavamo diventando rapidamente.
Osservai la smorfia di dolore che passò sulla faccia del ragazzo, ma fu sostituta rapidamente da un sorriso che diceva che tutto era OK. Sentii che Michele cominciava a muoversi dentro e fuori del ragazzo ed io tentai di tenere il loro ritmo. Era la prima volta che tentavamo un gioco a tre ed era difficile trovare l’accordo, ma una volta che ci riuscimmo fu magico!
È praticamente impossibile descrivere quello che sentii nella mezz’ora seguente, non avevo mai, mai sentito una cosa così…. quindi…. con buona pace degli altri, ero veramente felice. Tutti i pensieri su che genere di persona ero io, o cosa sarebbe accaduto a Michele, a me ed ad Anwar nei giorni o settimane seguenti si vaporizzò mentre io ero perso in un mondo di puro piacere. Sembrava che il vero scopo non fosse l’orgasmo ma la felicità di godere della compagnia degli altri.
Eravamo sdraiati sul letto, un po’ esausti dopo l’orgasmo, quando Anwar saltò su improvvisamente al suono della voce di sua madre che lo chiamava. Saltellando in fretta attraverso la stanza e vestendosi, ci sorrise rapidamente mentre le rispondeva ed uscì dalla stanza.