Capitolo dodici
“Cazzo! È stato imbarazzante, non è vero?” Esplosi quando fummo seduti davanti alle nostre bibite.
Michele, per una volta, non disse niente. Almeno finché non ebbe finito la sua bibita.
“Tony, e tuo papà? Non ha ancora accettato che tu rimanga qui. Cosa pensi che dirà?”
Con tutto quello che era successo negli ultimi due giorni, mi ero dimenticato di questa piccola parte dei nostri piani!
“Non so.” Risposi malinconicamente: “Ci penseremo. Ma non ora” Aggiunsi, sentendomi improvvisamente eccitato e felice, avendo risolto almeno un problema: “Andiamo alla sauna. Mi piace.”
Tornato di buonumore, Michele sorrise e mi diede allegramente un calcio sotto il tavolo: “Ok allora!”
Il tragitto dal Groppi all’Hilton è di circa quindici minuti che, nel calore del Cairo, è più lontano di dove tu possa andare senza crollare, o per lo meno così avevo sentito dire. Michele ed io eravamo felici. Era una strana sensazione sapere che qualcuno conosceva quello che sentivamo l’uno per l’altro ed era pronto ad accettarci per quello che eravamo, almeno per qualche tempo.
Continuammo a ridere e ridere finché non arrivammo all’atrio dell’Hilton, ed una volta là cercammo la signora che ci aveva aiutati l’ultima volta che eravamo stati lì. Nonostante la cercassimo dappertutto, ed anche dopo essere stati seduti per un po’ nella caffetteria, non la vedemmo. Stavamo quasi per rinunciare all’idea quando mi capitò di gettare uno sguardo attraverso l’atrio e vidi Omar. Omar era il ragazzo che avevamo incontrato nella sauna l’ultima volta che eravamo stati lì e con cui ci eravamo divertiti. Toccai il braccio del mio amico, accennai col capo in direzione di Omar e contemporaneamente indicai verso la direzione della sauna. Michele guardò per capire cosa volevo dire e vide il nostro amico. Sorridendomi mi disse semplicemente: “Bastardo! Non ancora lui!”
Velocemente lasciò il suo posto lasciandomi seduto da solo, attraversò la sala e toccò Omar su di una spalla. Lui si girò per vedere chi lo voleva e ci mise qualche momento per riconoscerlo. Quando si ricordò sorrise al mio amico ed indicò la sauna. Non riuscivo a sentire quello che Michele rispose, ma doveva essere la risposta adatta dato che mi indicò e mi fece segno di raggiungerlo. La faccia di Omar si accese di un largo sorriso allegro quando mi vide ed aspettò che arrivassi vicino a loro. Avrei solo voluto attraversare la stanza di corsa e gettargli le braccia al collo, solo con uno sforzo tremendo riuscii a camminare con noncuranza verso di loro.
“Sauna mish kwais” Ci disse Omar lentamente indicando che la sauna non era un buon posto dove andare in quel momento, proseguì dicendo che era pieno di ospiti dell’albergo. L’espressione di delusione sulle nostre facce dovette essere evidente perché lui ci pensò per un paio di secondi, fece un altro piccolo inchino ed un sorriso ancora più largo mentre continuava: “Ma’alish. Taalla henna.” Queste parole di arabo erano troppo per me e Michele me le tradusse: “Non preoccupatevi, seguitemi.”
Fui afferrato per un polso e pressoché trascinato per non perdere Omar che praticamente era scomparso giù verso la sauna. Invece di fermarsi nello spogliatoio attraversò una grande porta di vetro che portava nell’area della piscina. Michele mi informò che la piscina era stata vuotata e chiusa da mesi, anche se l’area circostante era stata tenuta pulita ed in ordine per essere usata come un’estensione della caffetteria. Attraversammo la zona e fummo trascinati dalla nostra guida nello spogliatoio deserto.
Ci spogliammo, Omar non perse tempo ed infilò la verga nella bocca di Michele; penetrarlo per me fu una cosa immediata, lentamente dapprima, assaporandone ogni secondo delizioso, sentivo ogni fibra della mia verga che scivolava avanti ed indietro. Ci vollero un paio di colpi prima che riuscissi a trovare lo stesso ritmo degli altri due, ma una volta che l’ebbi trovato, il piacere aumentò un milione di volte. Era incredibile! Era così sensuale che quasi venni dopo i primi due colpi, fu solo grazie ad un’inaspettata e sorprendente volontà che riuscii ad evitare di sparare il mio carico profondamente dentro Omar. Michele, riuscii a vedere, stava avendo lo stesso mio problema, si stava mordendo un labbro nello sforzo di controllarsi, ma continuava a spingere il più profondamente possibile il cazzo nella gola di Omar. Quella visione era troppo per me e,
perdendo il mio autocontrollo, mi trovai a pompare dentro e fuori di Omar con una forza incontrollabile, violenta e quasi dolorosa. Poi eruttai. Non ero solo venuto, avevo eruttato, come un enorme, liquido vulcano farebbe ed io mi vuotai profondamente dentro Omar. Avevo perso la sensibilità delle gambe e crollai esausto sulla panca, il mio uccello ancora semi-molle seppellito. Michele emise un piccolo gemito, quasi a****lesco e sparò il suo carico nella gola desiderosa e molto ricettiva di Omar.
Sia io che Michele eravamo fisicamente ed emotivamente fusi, crollati a terra nel tentativo di riprendere fiato. Omar, sdraiato su di un fianco sulla panca sorrise e rilasciò un torrente di parole arabe che nessuno di noi fu in grado di seguire. Il suo cazzo era ancora duro ed io non potevo fare a meno di fissarlo mentre lui cominciava a menarselo. Glielo lasciai fare per un po’, poi mi inginocchiai e ne presi in bocca solo la punta mentre lui continuava a masturbarsi. Succhiando molto delicatamente fui ricompensato dopo qualche secondo dal suo sperma che mi riempì la bocca in attesa. Era salato, caldo e delizioso. Riuscii ad ingoiarne la maggior parte, rotolai e mi sdraiai sul pavimento fissando il soffitto senza vedere niente.
Fui vagamente consapevole che Omar si era vestito ed era andato via. Girandomi verso Michele, lo guardai e sorrisi.
“Cazzo!” Fu tutto quello che riuscii a dire.
“Dannazione!” Fu la fievole risposta: “Sono fottutamente fuso.”
Strisciandogli vicino, lo circondai con un braccio ed appoggiai la testa alla sua spalla.
“Non penso che riuscirò più a muovermi.” Bisbigliai.
“Neanch’io!” Rispose Michele tirandomi più vicino a sé: “Voglio star qui per sempre!”
Alzai la testa, lo baciai sul collo e lo tirai sul pavimento. Ci girammo uno di fronte all’altro e ci baciammo leggermente sulle labbra.
“Tutto OK?” Chiese.
“Quasi perfetto.” Risposi: “C’è solamente un’altra cosa che voglio” E senza aspettare una risposta lo baciai profondamente ed appassionatamente, abbracciandolo con tutta la forza che riuscii a chiamare a raccolta.
Restammo a lungo in quel piccolo locale, riguadagnando lentamente le nostre forze e semplicemente godendo l’uno dell’altro.
“Credo che sia meglio che ci muoviamo.” Disse infine Michele dandomi simultaneamente un ultimo bacio ed alzandosi.
Una volta fuori della zona della piscina, stavamo per lasciare l’albergo e cercare un taxi per tornare a casa quando sentii che mi toccavano delicatamente un gomito. Mi girai per vedere chi fosse, c’era Omar con un carrello su cui c’erano i due gelati più grossi e più ricchi di colore che avessi mai visto.
“Enta Kwais!” Disse sorridendo e mise i bicchieri su una tavola vicina.
Inchinandoci allegramente e sorridendo largamente dicemmo all’unisono: “Shukran effendi” e ci sedemmo a godere quanto ci veniva offerto.
Era la fine del pomeriggio quando riuscimmo ad arrivare a casa, giusto in tempo per salutare mio padre quando arrivò col papà di Michele.
“Tutto Ok, figliolo?” Disse dandomi la mano e mettendomi un braccio sulla spalla.
“Sì. Perfettamente grazie. Come stai?”
“Bene. Bene. Sono contento di essere tornato. Più tardi ho delle notizie per te, ma prima beviamo qualche cosa?”
Ci sedemmo e mentre ci rilassavamo per un po’ davanti ad una bibita fredda, Michele ed io ascoltammo i nostri papà che parlavano di lavoro.
“Oh, a proposito, quelle notizie che dovevo dirti, Tony.”
Aguzzando le orecchie e prendendo interesse per la prima volta alla conversazione, guardai mio padre.
“Sono stato destinato in Nigeria con un contratto di due anni, dovremmo cominciare tra circa tre mesi.”
Lo guardai senza sapere cosa dire e così non dissi niente eccetto: “Oh, sì?”
“Bene” Proseguì: “Con la società ho concordato che saranno loro a pagare per la tua istruzione mentre io sono via ed io mi sto chiedendo cosa fare.”
Il mio cuore quasi si fermò: “Merda!” Pensai, “Che palle!”
“Ti piacerebbe stare qui al Cairo con Michele? Ho parlato coi suoi e hanno detto che non hanno problemi. Ma puoi tornare in collegio se vuoi.”
Io non sapevo dove guardare sgradevolmente consapevole che l’attenzione di tutti era concentrata su di me. Sentii che diventavo rosso per l’imbarazzo.
“Beh…” Cominciai a dire: “Mi piacerebbe, ma….” E la mia voce si spense.
“Cavoli!” Interruppe Michele improvvisamente: “È chiaro che vuole. Non abbiamo parlato di nient’altro per secoli ma Tony non sapeva come chiedertelo. Va bene vero, papà?”
“Sì. Naturalmente.” Rispose il padre di Michele: “Ci farebbe piacere. Chiaramente può restare qui, se vuole.”
Era così. Semplicemente così. Tutte le mie preoccupazioni e tormenti dei giorni passati erano state spazzate via in cinque secondi. Michele ed io avremmo condiviso la stessa casa, e probabilmente per almeno due anni! Non ci potevo credere!
Il party più tardi quella sera fu il migliore che potessi ricordare. Tutti sembravano così felici e contenti. Le conversazioni erano rilassate e mi permisero di tanto in tanto di stare con Michele. Quando la conversazione volse su argomenti di lavoro, ci annoiammo rapidamente e chiedemmo di poter salire a giocare col computer.
Ci diedero il permesso e sollevati andammo nella nostra stanza.
Dando un calcio alla porta col tallone per chiuderla, Michele mi abbracciò e mi baciò.
“Perfetto!” Fu l’unica parola che disse.
“Mmmmmmmm!” Fu tutto quello che riuscii a rispondere.
E con questo finisce la storia di Tony e Michele, come vi è sembrata? Mi piacerebbe avere altri pareri oltre a quelli dei miei due fedeli lettori e commentatori.
Ciao a tutti