Erano le 15,00 circa. Sopraggiunsero gli squilli del telefono di casa. Risposi. Non potevo fare altrimenti, ero solo.
Ciao, ti rammenti chi sono?
Un po’ titubante e incerto risposi “Si…”
Allora perché non vieni a trovarmi?
Dove?
A casa mia! se no, dove?
Si, certo, a casa tua, ma dove?
Ma scusa, hai capito chi sono?
Si, credo di si.
Te lo richiedo. Chi sono?
Mi sembra che tu sei Rita, giusto?
Oh! Mi pare chiaro.
Si, ma non capisco.
Cosa non capisci?
Non mi hai mai invitato a casa tua forse c’è un motivo ben preciso?
Il motivo c’è, ma non sto qui a dirtelo.
Devi dirmi delle cose importanti?
Si, infatti, e devo dirle solo a te.
Ma come facevi a sapere che ero solo?
Eh!… ho i miei informatori…
Allora che fai? Ti sbrighi a venire?
Va bene…il tempo che mi vesto e mi parto per venire da te.
Va bene, allora… a più tardi e non farla lunga.
Va bene… a più tardi… aspetta! Ma dove abiti?
Al numero 29 della strada in cui c’era quel negozietto che ti piaceva molto, spingi il bottone dove c’è anche il mio cognome, 3° piano.
Ok!
Ero in subbuglio, non capivo cosa stava succedendo. Mi faceva piacere da un canto, dall’altro ero in tumulto perché non sapevo cosa potesse aspettarmi.
Arrivai a quel numero, spinsi il pulsante sul suo cognome e si aprì il portoncino d’ingresso. Presi l’ascensore e arrivai al terzo piano.
La porta di casa sua era già aperta dentro un atrio illuminato. Da un’altra stanza sentii la sua voce che mi diceva: “Entra!”
Entrai e chiusi la porta alle mie spalle.
Si affacciò lei provenendo dalla stanza accanto e mi accolse con una risatina quasi di schermo, ma scherzava, come scherzavamo sempre.
Oh! Ma quanto la fai lunga! vieni, accomodati.
Mi prese la mano e mi fece sedere su una poltrona molto comoda.
Lo vuoi un Thè?
Si… va bene, risposi con la stessa incertezza iniziale.
C’è l’ho già pronto, guarda caso.
Ritornò con il tintinnio di un vassoio con su una teiera, due tazze, due piattini sottotazze, zuccheriera con cucchiaino, 6 biscottini.
Si curvò, dandomi il suo fianco destro, per adagiare il vassoio su un tavolino basso al centro tra due poltrone: una era la mia su cui stava seduto.
Poi, quasi di sbieco, mi guardò con un sorrisino sapiente e andò ad accomodarsi sulla poltrona opposta, con molta signorilità e compostezza.
Poi iniziò a parlare.
Non ti aspettavi questa sorpresa, vero?
No, sinceramente no.
Beh! Neanch’io!, e sbuffò in una risata che mi solleticava su tutto il corpo. Quasi l’avrei abbracciata. Ma restai composto, nel senso che cercai di non darle a vedere i miei sentimenti in quel momento.
Ti piace quando ti prendo in giro, vero? Simpaticamente, è chiaro…cosa stavi facendo quando ti ho chiamato?
Beh! Guardavo la tele, come al solito.
Ah! Sei pazzo per questa tele…
Ma tu come sapevi?…
Ho i miei informatori, te l’ho detto. – E chinò da un lato lo sguardo, quasi nel vuoto o per scrutarmi negli occhi, sorridendo appena.
Sei un po’ a disagio?
No, è che sono curioso di sapere cosa hai da dirmi e sto…diciamo…sulle spine.
Ah! Già!
Con questa risposta non capii più nulla perché feci questo ragionamento: se mi ha chiamato per dirmi qualcosa, come è possibile che adesso sembra che l’abbia dimenticato?
Facendosi seria d’improvviso.
No, scusa, è che stavo pensando ad un’altra cosa. Si, hai ragione, è che ho un po’ di stanchezza, puoi capirmi.
Si, certo, hai ragione – e feci un sospiro lungo nel silenzio successivo alle mie parole.
Sei sulle spine, si vede.
Con solenne maestrìa versò il Thè, prima in una tazza. Nel silenzio, si sentiva lo scorrere liquido e il beccare tintinnare della teiera sulla tazza Quindi, ripeté lo stesso gesto per l’altra, continuando con quel silenzio e con gli sguardi bassi di entrambi a contemplare ogni movimento.
Quanto zucchero?
Hai integrale?
E’ integrale – con un tono atono, mentre mi fissava negli occhi.
Due, tre, va bene.
Verso lo zucchero granuloso-marroncino nelle due tazze, mescolando col cucchiaino in due riprese, ma quel momento ipnotico non c’era più, c’era atonia.
Si alzò di s**tto con una delle tazze e sotto piattino e si avvicinò a me sorridendo, guardandomi negli occhi curvandosi verso di me.
Mi accorsi solo in quel momento che aveva una blusa estiva di lino amaranto, molto scollata e larga con delle bretelle che lasciavano scoperte completamente le braccia. E in quel gesto curvo si lasciò intravedere tutto il seno che dondolava all’interno: notai che era piuttosto pieno. Lo guardai con piacere e imbarazzo e sviai i suoi occhi che continuavano a fissarmi.
Prego! – e mi porse la tazza con il sotto piattino.
Grazie! – e iniziai a sorseggiare per togliermi dall’imbarazzo. Fortunatamente che il Thè era già quasi tiepido.
Lei ritornò a sedersi iniziando a sorseggiare il suo.
Poi, riprendendo a sorridere mi chiese:
Ti piace?
Si, è buono.
Non mi riferivo al Thè.
Ebbi un sussulto, un tuffo al cuore. Si era accorta che le avevo visto il seno?
A che cosa ti riferivi? – cercando di sviare
Non fare il finto tonto, non ti si addice.
Scusami…
Non scusarti! Insomma, come ti è sembrato?
Bello, molto bello, devo dirti la verità.
Oh! Finalmente! – ebbe un gesto di successo
Lo fai per mettermi a mio agio?
No, per niente – mi rispose seria.- mi fa piacere che apprezzi.
Beh! Non ci vuole molto…- tentando una scalata verso il successo, ovvero tentavo di ottenere ancora maggiore benevolenza. Ma in effetti lo pensavo davvero.
E tu che fai, mi prendi per il…sedere?
No, – scusandomi ulteriormente – lo penso davvero.
Vabbè, continui a prendermi per il sedere.
No, no, affatto, – cercavo di convincerla.
Dimostramelo!
In che senso, scusa?
Dimostrami che quello che dici è vero.
In che modo, scusa?
Ti devo dire io come?
Incominciai a sudare.
E’ il thé che ti fa sudare? Mi riprese divertita
Non sapevo se voleva mettermi alla prova sulle mie possibili reazioni.
Vuoi che inizi io? – con una ambiguità nel tono.
Ero confuso, non sapevo cosa volesse da me veramente.
Beh! Non sarebbe male… – trovai una piccola scappatoia
Ah| non sarebbe male, eh? Ti conviene, vero?
Senti, Rita, aiutami tu, io non so più cosa dire e cosa fare – era un gesto di disperazione
Rimase in silenzio, accovacciandosi sul divano e guardandomi ancora divertita.
Dai, scusa, scherzavo – riprese
D’improvviso si tolse la blusa e restò nuda per la parte superiore del corpo. Sotto aveva una paio di mutandine a palline rosse, gialle, verdi.
Adesso, come va? Mi chiese
Bene, risposi – avevo più sicurezza adesso e la guardavo molto interessato.
Ti piaccio di più adesso?
Senza dubbio – risposi in maniera composta ma ero eccitato.
Mi alzai e mi avvicinai alla sua poltrona. Mi sedetti su un bracciolo e le presi una mano, la tenni stretta. Lei mi guardava in silenzio.
Avevo il cuore in gola. Guardavo nel vuoto nella stanza intorno, fissando qualcosa. Mi ricordavo di aver visto poco prima le sue spalle con tante lentiggini che mi piacevamo molto.
Non sapevo se avrei potuto trovar posto in quella poltrona accanto a lei.
Poi mi rivolsi a lei:
“Pensi che potrei trovar posto qui accanto a te.”
Certo, tu ti siedi e io mi metto seduta su di te. – adesso era lei ad essere più insicura
Si alzò e mi fece sedere, poi ci ripensò e mi disse: vieni!
E mi prese per mano.
E mi portò in una stanza con un letto ad una piazza e mezza.
Ci sedemmo insieme da un lato del letto. Poi lei si alzò e mi fece distendere sul letto, mi tolse le scarpe, mi tirò giù i pantaloni e poi gli slip. Indi, si piegò verso il mio pene e, tenendolo con una mano, se lo portò in bocca. E ci giocava con la lingua. Notai però in lei un certo imbarazzo.
Così decisi di farla distendere accanto a me. Le guardai la sua scapola destra, quelle lentiggini, e la baciai, poi discesi la bocca verso il suo seno destro, mentre la mia mano destra accarezzava il suo seno sinistro. E la stessa discese fino ai suoi slip e ci entrò dentro sentendo il ruvido dei suoi peli. E incominciai a sfregarle le dita dentro la sua spaccatura molle. Incominciò a fremere in silenzio con un leggero mugolìo. Era umida e le bastò poco per giungere al suo primo piacere emettendo un Ah! smorzato. Di s**tto allora si alzò la schiena dal letto rimanendo per un attimo seduta. Quindi si spostò mettendosi distesa all’incontrario su di me con la bocca a prendere il mio pene. Naturalmente a me toccò con gioia di baciarle la sua passera pelosa. Poi prese a baciarmi i testicoli mente lisciava dopo in verticale il pene con la lingua.
D’improvviso, si sentì qualcuno che apriva la porta d’ingresso, che la richiudeva di slancio e una voce femminile, giovanile che chiamava: Mamma! Mamma! Dove sei? e apriva e richiudeva le porte una dietro l’altra, finché sentii che si avvicinava alla nostra.
Io, nel frattempo, mi ero già seduto di s**tto sul letto e stavo per scendere a terra, quando Rita mi disse sottovoce: Stai tranquillo! Non preoccuparti!
Rimasi impietrito e in tumulto.
Nel frattempo, stava per aprirsi anche la porta della stanza con un altro: Mamma!? – e aprì la porta.
Ci guardò sbalordita e subito si riprese: Ah! scusate… – e richiuse.
Sua madre la chiamò: Angela, Angela, vieni, vieni qui!
Che c’è! Mamma, Che c’è? – le rispose lei un po’ annoiata da dietro la porta
Entra! – riprese Rita
Angela aprì lentamente la porta e si piazzò al centro senza avanzare. Poi sbuffò a ridere. E poi riprese con aria da rimprovero: “Potevi dirmi che eri impegnata!… Non le fai le presentazioni?”
“Lui è Saverio”, rivolta a lei, e rivolta a me: “Lei è Angela come avrai ben capito, ed è mia figlia”
Lei avanzò nella stanza e si avvicinò a me tendendomi la mano:”Piacere!” mi disse con aria divertita. Io avanzai la mia mano verso di lei e gliela strinsi: “Piacere!” – ero ancora una volta confuso e… nudo.
“Non si preoccupi se adesso si è ammosciato”, guardando il mio pene, “mia madre glielo rimetterà di nuovo in sesto”, poi riprese, “però, le vere presentazioni di cortesia non le abbiamo fatte”, si chinò verso di me, mi spinse il petto a ridinstendermi sul letto e con la mano destra prese il mio pene, se lo mise in bocca ruotandoci la lingua intorno. Poi si raddrizzò la schiena e mi disse:
“E’ stato un vero piacere!…non le chiedo di ricambiare… – e rivolta a sua madre: “Ciao mà! E le diede un bacio sulla labbra.
Rita: “Sei sempre la solita impertinente…”
Angela: “Mi faccio una doccia e ri-esco”. E uscì dalla stanza, richiudendo, senza voltarsi.
A questo punto Rita, che mi guardava per capire cosa stessi pensando, si accovacciò con le gambe incrociate di fronte a me che mi ero posizionato poggiando la schiena sulla parete.
“Adesso ti spiego”, esordì
La guardavo piacevolmente sorpreso da tutto questo.
“Mi metto in questa posizione così puoi guardare la mia passera solitaria”.
“Ti devo dire delle cose che potrebbero non piacerti ed altre che apprezzerai”
“Come avrai ben capito… non sei il primo che mi porto a letto da quando sono sposata…mio marito? No, non sa nulla, nemmeno della sfrontataggine di mia figlia. E’ sfrontata, in generale, lo sa, ma non sa che lo è fino al punto che tu hai visto. E d’altra parte, proprio perché è così “aperta”, non ha problemi a raccontarmi come si svolge la sua vita sentimental-sessuale. E questo è un bene, perché posso sempre consigliarla al meglio, se posso. Ma non è di questo che volevo dirti.
In realtà, non mi porto a casa il primo che capita, perché senta il bisogno di soddisfare i miei desideri…Mi innamoro… tu non sei innamorato?
“Di te?”
“Si, certo, di me”
“Si…è vero, lo sono”
“Vedi? Avevo visto giusto.”
“E naturalmente per innamorarmi vuol dire che quell’uomo ha la possibilità di capire delle situazioni che in altri ambiti potrebbero sembrare non consoni alla morale comune”
“D’altra parte, non credo che il matrimonio sigilli un amore per tutta una vita, è solo un luogo comune accettato dalla maggior parte delle persone, o, per meglio dire, subìto.”
“E allora perché subire qualcosa che ci è stato imposto?”
“Giusto!”
“Mi confermi ancora una volta che avevo visto bene. La pensi esattamente come me”
“Si, è vero, la penso esattamente come te”
“Ed anche mia figlia lo sa che nessun uomo potrebbe entrare nella mia vita se davvero non mi fidassi di lui”
Qualcuno bussa alla porta. “Toc toc” disse Angela da dietro la porta, “Posso entrare?”
“Vedi? Parli del diavolo…”
“Non vorrei sembrare una rompiballe, non sono un diavolo, però mi è sembrato ingiusto il mio comportamento di poco fa”
Era in accappatoio bianco e avanzava verso di me.
“Io ho visto lei nudo, ma lei non ha visto me…”
Così dicendo si slacciò l’accappatoio. Mi spinse nuovamente per farmi distendere. Salì sul letto stando in piedi con le gambe aperte, con il mio corpo al centro. Risalì fino ad arrivare in prossimità della mia bocca. Quindi, si accovacciò sulle mie labbra. La mia lingua iniziò a baciare quella dolce umidità profumata. E accarezzavo con voluttà quei due seni gonfi, poi riscendevo lungo la schiena fino a sentire il suo sedere sodo e rotondo. Aveva dei capelli neri, lunghi, occhi verdi, un corpo morbido, perfetto: era bellissima.
Dall’altra parte, Rita baciava i miei testicoli, scendeva e risaliva la lingua lungo il mio pene eretto. Intanto Angela mi sussurrava “Ancora! Ancora!” finché arrivò a dirmi “Sei meraviglioso. E’ bellissimo..- ed ebbe un sospiro di dolce sollievo. E ancora sussurrando: “Devo andare, devo andare” e si inondò ancora di nuovo dentro. E poi, lentamente cercò di rialzarsi: “Mamma mia…” era esausta e poi, rivolta sua madre, con voce rauca: “ma dove l’hai trovata questa perla d’uomo?”
E uscì dalla stanza senza neppure richiudere la porta lasciando l’accappatoio a terra.