Quella volta in chat

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Non ricordo esattamente per quale motivo decisi di rimanere a casa quel venerdì sera. Era una bella serata di tarda primavera e i miei ormoni si facevano sentire. Non ho mai creduto che internet fosse un buon sistema per sfogare le proprie voglie, o meglio, le mie. Ho sempre cercato, fin da quando, per la prima volta ho sognato un cazzo, situazioni non tradizionali.
Sono nato e cresciuto in una piccola città molto provinciale dove scovare un uomo per divertirmi era difficile, figuriamoci per qualcosa di più “particolare”.
Quella sera volevo provare a trovare, in qualche sito di chat, uno con i miei stessi interessi per un po di virtualsex. Magra consolazione, ma a me piaceva molto coinvolgere un altro uomo in una chat particolarmente hard.
Niente, poco di tutto e nulla di interessante. Poi mi arriva un messaggio privato da un maschio che attira la mia attenzione per il tono provocatorio del messaggio.
“Sei davvero porco come dici, o sei il solito gay cazzaro?”, mi scrisse. Cazzo come mi fece incazzare quel messaggio. Ma non lo mandai in culo, anzi stetti al “gioco” e risposi al messaggio.
“Sono porco, con la persona giusta, non ho mai avuto problemi ad esserlo!”, risposi io.
“E dimmi, come dovrebbe essere il tipo giusto per te?”. Non era cosi che mi ero immaginato un inizio di chat, ma devo dire che mi intrigava.
“Beh, il tipo giusto è per me un maschio che con gli occhi, il tocco delle mani e il suo odoro mi trasmette tutto il suo essere maschio e la sua anima da porco.” Appena inviai il messaggio, mi resi conto che non era esattamente quello che volevo dire, o meglio, non chiariva il mio pensiero. Avrebbe sicuramente pensato male, travisando le mie parole.
“Bene. Come un vero porco preferisci il reale al virtual. Ma allora, che cazzo ci fai là a smanettarti con questi quattro moscioni che sono online?”
“Sai, vivo in un paesino di merda dove non ci sono possibilità di incontro. Qua preferiscono smanettarsi in internet o farsi 60km per andare in qualche locale gay. Stasera non ho voglia di mettermi alla guida per andare in un locale. Spendere per entrare. Rompermi le palle nella solita ricerca infinita di qualcuno, per poi finire per svuotarmi le palle in qualche modo prima di tornare a casa.”
Il messaggio di risposta arrivò velocissimo e come sempre molto provocatorio. “Io voglio conoscere quanto sei porco e voglio sapere se abbiamo gusti in comune. Dici di essere porco, vediamo quanto. Io abito da solo e ho voglia. Ho le palle piene di caldo latte per te e dopo ti disseterò con la tisana della casa.”
La cosa cominciava davvero ad eccitarmi, ma come sempre c’era la distanza a mandare tutto in fumo. E come sempre mi venne istintivo di scrivere, “azzo, come sempre i tipi interessanti stanno lontano”. “E a te chi lo ha detto che siamo distanti? Dimmi da dove digiti? Io abito a xxx”
Azzo, abita a solo 60km, circa un’ora di macchina. “Allora? Sparito?” Mi domanda. Non sapevo che fare adesso. La cosa mi intrigava molto ma non sapevo nulla di lui. Magari era un uomo pancione e con un pistolino, o magari sdentato e con le mani non curate. Sono cose che mi bloccano completamente. Va beh, vediamo dove si arriva. Rispondiamo. “Io digito da yyy”.
“Vedi! Siamo praticamente vicini! Beh vieni e godiamo insieme!” e aggiunse, “Adesso che fai ti tiri indietro? Dietro la distanza eri un leone e adesso una pecora? Vieni e non te ne pentirai!”
Che faccio adesso, mi domandavo. Se vado e non è il tipo che mi eccita, ho perso tempo e benzina. Ma se lo è invece, perdo un occasione che aspetto da molto. In genere, per mia esperienza, chi non si mostra ha sempre qualcosa da nascondere e non è la loro indole da omo. La voglia però era tanta e alla fine ho ceduto alla voglia e ho risposto, “ ok, vediamoci, il tempo di prepararmi e di arrivare là. Ma dove ci incontriamo e come facciamo a riconoscerci?”, domandai io.
“Sai arrivare al parcheggio libero davanti al supermercato della zona di xxx?”, mi rispose, senza darmi ulteriori informazioni. Devo essere matto continuavo a ripetermi, questo mi prende in giro e tu stai facendo il suo gioco come un ragazzino, cosa che non sei più. Ma c’era qualcosa di perverso nella mia mente questo gioco cerebrale mi piaceva.
“Si conosco il parcheggio, ma come facciamo a riconoscerci?”, chiesi io.
“Pensi che di venerdì sera in quel parcheggio ci sia molta gente? Io direi proprio di no. Ok, diciamo che tra prepararti e arrivare hai bisogno di un ora e mezzo. Io sarò là esattamente tra un ora e mezzo. Se ci sei bene. Altrimenti rientro a casa e buona notte.”
Non mi aspettavo di essere messo alla corda in questo modo. Risposi positivamente a l’ultimatum dell’uomo. Lo salutai. Chiusi il computer. E andai di fretta a farmi una doccia. E adesso, mi domandavo, cosa faccio? Arrivo là, parcheggio? Giro con la macchina? Non amo la sera gironzolare in questi luoghi e nemmeno sostare, non amo essere fermato da una pattuglia in servizio ed essere controllato. Non amo il loro modo di prenderti velatamente e spesso non troppo per il culo, chiedendoti, cosa facessi da quelle parti, sa che ci sono dei giri strani qua, ecc ecc.
Ha detto che sarebbe stato là tra un ora e mezzo e verosimilmente lo avrei trovato a sedere o a gironzolare là al mio arrivo. Ma, se è uno scherzo? Beh, lo capirò subito se quando arrivo non ci sarà nessuno. Cazzo quanto mi stanno logorando questi pensieri. Non amo l’incertezza, ma mi eccitava e continuavo a correre per prepararmi per non arrivare tardi. Prima di vestirmi però dovevo fare assolutamente una cosa, il mio solito rituale prima di uscire per sesso. Presi la doccetta per il buchetto voglioso, la raccordai al flessibile della doccia e mi feci una bella pulizia. Poi prima di indossare gli slip, una passatina di nefluan, sia dentro che fuori il buco, cosi che, fosse pronto per ogni evenienza.
Dopo alcuni secondi di indecisione, indossai un jockstrap nero e sopra un paio di jeans e una T shirt nera. Ero pronto. Presi l’essenziale in caso di controlli e mi diressi verso la mia auto. Mi sentivo come un bambino che deve rientrare a casa velocemente perché sa che ci sono dolci o regali ad aspettarlo.
Il viaggio in macchina fu una tortura. Sentivo salire il mio livello ormonale. Cominciavo a fantasticare su come potesse essere e le porcate che avremmo potuto fare. Ogni tanto passavo la mia mano a sentire i miei capezzoli che erano sempre più sensibili. Ed ogni volta sentivo il mio buco pulsare di voglia.
Riesco ad arrivare un poco prima l’orario stabilitone questo mi permette di capire cosa sta succedendo e capire se e da dove arriverà.
Con mia sorpresa vedo un uomo poco distante da me che è seduto sul muretto che chiude il parcheggio e lo separa dalla strada. Da dove sono vedo solo che è un tipo alto e magrissimo. La cosa si fa interessante. Mi piacciono gli uomini più alti e magrissimi. Indossava una canotta e degli short neri. Era lui? Effettivamente non c’era nessun altro là e secondo i tempi che ci eravamo dati doveva essere lui. Ma se non era lui avrei fatto una figura di merda. Sono qui. Mi dissi. Ho fatto trenta facciamo trentuno. Feci un sospirone per farmi coraggio e parcheggia la mia auto vicino all’uomo. Scesi dalla macchina e mi incamminai verso di lui. Più mi avvicinavo e più le mie gambe non mi reggevano. Comincia ad avere un andatura più sicura quando ottenni un cenno da lui che mi fece capire che era lui. Adesso potevo vederlo chiaramente e, cazzo, era davvero un bell’uomo, o meglio, fisicamente era il mio tipo. Alto, barba di uno-due giorni, pochi peli, mani lunghe e affusolate.
Mi fece segno di seguirlo. Ma come, mi dissi, nemmeno un ciao? O era una sua strategia, oppure … non avevo più idee. Oramai andavo per inerzia e lo seguii.
Arrivammo alla porta della sua casa. Una villetta con un bel giardino. Mi fece cenno di fermarmi e poi, finalmente, mi disse, aspetta qua 5 minuti e poi entra dalla porta sul retro che sarà aperta. Finalmente sento la sua voce. Una bella voce da maschio che in una frazione di secondo mi è entrata dentro e mi ha acceso come fuoco.
È entrato in casa e ha chiuso dietro di se la porta. Io sono rimasto là come detto ad attendere quei 5 minuti. Ma perché dovevo attendere quei minuti. Cosa doveva fare, che non aveva potuto fare mentre mi attendeva. Forse nemmeno lui credeva che sarei venuto. Intanto i minuti trascorrevano e mi sono incamminato sul retro. Era buio ma delle piccole lampade a lanterna illuminavano il giardino. Era davvero bello. Molto curato.
Continuo lungo il perimetro della casa e arrivo alla porta sul retro. Come detto era aperta, ma la luce all’interno era spenta. Entro piano piano non riuscendo a vedere nulla.
Sento la sua voce che dall’oscurità mi dice di togliermi tutto di lasciare tutto là e di proseguire avanti.
Adesso te la sei cercata, mi dissi, questo gioca pericoloso e tu sei proprio nella tana del lupo. Ma non ascoltai la mia coscienza pedante e mi tolsi tutto, lasciandoli li a terra e nudo proseguii davanti con andatura incerta dato che non vedevo nulla.
“Vieni avanti, non ci sono ostacoli davanti a te. Adesso fermati e resta là dove sei”. Ma come faceva a sapere dove ero. Io non vedevo nulla. Poi ho immaginato che fosse in un angolo della stanza dove vedeva la mia sagoma grazie alla fievole luce che entrava dalla porta. Rimasi in piedi dove mi aveva detto. E attesi. Il cuore andava a mille e stavo tremando un po dall’attesa e un po dalla paura.
“Adesso vediamo quanto sei porco. Davanti a te ci sono degli oggetti per giocare. Scegline uno che ti piace. Ti lascerò un paio di minuti da solo per sceglierlo”. Dicendo ciò accende la luce ed esce dalla stanza. Solo adesso capisco che è una camera da letto. Molto minimal, con un grande letto, un armadio e due porte ai lati del letto e la portafinestra da dove sono entrato davanti al letto.
Sul letto c’è un po di tutto: dildo, oggetti in pelle, lubrificanti, toys per sm, per medical… Non credevo che fosse cosi ben fornito. E adesso cosa scelgo? A dire il vero ero attratto da ogni singolo oggetto là sopra. Non sapevo proprio cosa prendere e il tempo scorreva. Poi lo sguardo cade su un oggetto in pelle, non so se per caso o se era stato strategicamente messo in vista. Era un bel collare in pelle. Era nuovo e aveva un grosso anello dove attaccare il guinzaglio. Fui tentato più volte di prenderlo e poi mentre lo osservavo in mano per l’ennesima volta entra nuovamente e molto soddisfatto mi dice, “ero sicuro che lo avresti scelto. L’ho capito subito! Beh, che aspettiamo? Dammi che te lo metto al collo.”
Senza esitare me lo prese dalle mani, si mise dietro a me e mi applicò il collare. Era duro e rigido, mi piaceva, è molto eccitante l’odore della pelle, ma era scomodo. Lo volevo sistemare, ma con voce dura e decisa, “non ci provare, adesso lo devi tenere”.
“Ma volevo … solo …”, stavo cercando di spiegare il mio gesto, ma lui incurante, anzi, visibilmente infastidito, dal mio farfugliare, afferra con forza il collare e mi spinge in ginocchio.
“Da adesso non hai diritto di parlare, troietta, parlerai solo se te lo chiedo! Ti rivolgerai a me come si conviene. Adesso iniziamo il training”.
Solo nei miei sogni ero stato sottomesso, questa era la mia prima volta. Ero eccitatissimo, anche se inesperto sapevo che sarei stato punito perché visibilmente eccitato. Un brivido scese lungo schiena per l’incertezza di quei momenti. Cercai i suoi occhi per provare a capire cosa sarebbe successo.
“Cosa cazzo hai da guardare? Ti ho forse detto di guardarmi negli occhi? Vedo che sei completamente da addomesticare! Bene!”, il tono della sua voce era duro, ma nello stesso tempo rassicurante.

… continua …

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