Nonne Troie 1

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Da un po’ di tempo aveva realizzato che le donne avevano un buco tra le cosce e che infilare il proprio attrezzo in quel buco era forse la cosa più bella del mondo.
Forse ero ancora un po’ ingenuo ma fino a qui non c’era nulla di male. Erano comuni pulsioni sessuali simili a quelle di milioni di altri ragazzi. Avrei certo finito per farmi mille seghe fino a quando non avessi trovato la ragazza giusta disposta a farmi fare sesso.
Ma il discorso ben presto mutò aspetto quando cominciai a concentrare la mia attenzione sulle donne di casa mia signore già più che cinquantenni mia nonna Irene e mia pro-zia Lea che mi avevano visto nascere e che ora desideravo ardentemente mi rendessero uomo.
La prima volta accadde in sogno. Eravamo nel corridoio buio che va dal bagno alla cucina. Nonna Irene aveva appena pisciato, era semi nuda. Vedevo chiaramente il reggicalze e la pancia rosea. Lì sotto c’era la fica. Potevo vederla? No. Era solo un sogno e nel sogno tra le cosce aveva solo un cilindro di plastica trasparente. Un cilindro in cui tentavo in tutti i modi di infilare il cazzo.
Irene mi sorrideva come sempre, amorevole nonna e mi diceva “spingi, spingi”.
E io obbedivo. Ed entravo.
Fu un risveglio molto brusco.
Proprio mentre stavo per farmela.
L’impulso di afferrarmi il cazzo e farmi una sega fu irrefrenabile. Erano le prime luci dell’alba e continuavo a pensare al sogno.
Continuavo anche nei giorni successivi a sborrare pensando a lei.
Dopo ogni sborrata provavo un po di vergogna come se abusando del suo affetto per far sesso fosse disgustoso eppure poco dopo pensavo ancora a lei nuda in corridoio e tornava duro…
Sogni osceni e inconfessabili? Fantasie perverse di un ragazzo arrapato?
Tutto vero. Ma è anche vero che spesso i sogni si avverano…
Anche più di quanto si possa immaginare.
Da quel giorno spiare la nonna divenne un piacevole passatempo, tanto più che lei offriva spesso e volentieri spettacoli privati che mi facevano rizzare il cazzo.
Ad esempio una volta se ne stava seduta sulla poltrona proprio di fronte a me con un vestito intero a fiori molto corto e molto scollato che tratteneva malamente le sue tettone.
Non erano grosse, non quanto quelle di sua sorella mia pro-zia Lea che era una ottava naturale, ma ugualmente mi eccitavano col loro fascino provocante.
Sotto intanto continuando a divaricare le gambe era spuntato l’elastico del reggicalze.
Non ho mai capito bene il perchè ma vedere quei gancetti delle sue calze di nylon mi eccitava ed estasiava. Molto probabilmente perchè era lì che avrei voluto mettere la mano se avessi potuto.
In casa, sia mia zia Lea sia la nonna non consideravano strano che ogni volta che si sedevano gli elastici delle loro calze fossero ben visibili e questo tornava tutto a mio vantaggio visto che potevo bearmi gli occhi con quei micro spettacoli di nylon e cosce.
Proprio per questo me ne stavo lì accanto a loro guardandole e cercando di memorizzare il maggior numero di particolari possibili che mi sarei poi ricordato una volta restato solo quando finalmente libero mi sarei tirato il cazzo fino a consumarmelo.
Certo anche Lea era un gran pezzo di ficona con quelle grosse zucche ma la nonna… Quel sogno con la nonna faceva di lei il mio desiderio.
Era a lei che avrei messo volentieri il cazzo in bocca ogni volta che me la vedevo seduta di fronte.
E non era ancora tutto.
Anche la nonna mostrava di cercare il mio cazzo?
Non potevo saperlo per certo ma di sicuro quel pomeriggio conclusi che era davvero una gran troia.
Andò più o meno così:
Eravamo in salotto, era pomeriggio. Guardavamo tutti e tre la tv. Io sdraiato sul divano la zia sulla sua poltrona preferita, Irene sull’altra quella degli ospiti. Di entrambe vedevo benissimo i reggicalze. Una goduria.
Mia zia aveva le calze nere. Molto velate ma scurissime, nonna invece le aveva quasi trasparenti e potevo ben vedere tutte le sue coscione cicciotte ed invitanti. Immaginavo già che quella sera mi sarei fatto una bella sega ripensando a quel momento ma certo non immaginavo che sarebbe stato solo un antipasto.
Infatti, con noncuranza Irene spalancava piano piano le cosce, le apriva e le divaricava.
E io la fissavo.
Il cazzo mi era già diventato più duro. Forse sarei riuscito a vederle le mutante? Mi sarebbe piaciuto davvero tanto.
Così aspettavo paziente il momento giusto e quando avvenne fui pronto ad afferrarlo. Ormai le gambe erano talmente allargate che mi trovai dritto di fronte al naso il suo triangolino peloso.
Già proprio così. Lo vedevo benissimo. Vedevo la sua fica pelosa nascosta all’ombra della gonna.
Certo potevo solo intuirne i peli ma tanto bastava ad esser certi che la vecchia baldracca non aveva le mutande.
Proprio così.
Stavo vedendo dal vivo la mia prima fica.

In verità era la seconda perchè tempo prima un altra amica di mia zia, una certa Teresa, una donna molto formosa e molto volgare mentre se ne stava tranquilla a parlare seduta su un gradino in cortile mi aveva già offerto un ampio scorcio del pelo femminile. Quello però era stato solo un piacevole passatempo, giusto un occhiata ad una vecchia baldraccona che pur avendo cinquantanni suonati metteva ancora dei mini perizoma da troietta.
Ma la fica di nonna era una cosa diversa. Era quanto di più intimo desiderassi da lei ed era così vicina che ne potevo quasi sentire il profumo.
Il cazzo era gonfio.
Certo non vedevo molto, solo un po’ di pelazzo ricciuto dal colore ormai grigiastro ma avevo una gran voglia di chinarmi li in mezzo e spalancare la bocca.
Dio quanto gliela avrei leccata volentieri.
Quando si rialzò calando il sipario io mi ritirai in bagno tirandomi una sega favolosa in onore della sua fica.
Da quel giorno imparai che, se mi mettevo nel posto giusto al momento giusto potevo godere di ben più di un semplice scorcio di coscia e cominciai anche a pensare che una che girava sempre senza mutande era forse più troia di quanto avessi immaginato e sborrarmi in mano mentre immaginavo di fotterla non mi parve più tanto osceno.
Soprattutto perchè cominciai a chiedermi perchè la nonnina non mettesse le mutande.
Una cosa che me la faceva sentire davvero molto più troia.
Quella sera mentre eravamo tutti in salotto a guardare il telegiornale ero così ben messo che vedevo sotto alla gonna di Irene in modo chiaro e nitidissimo tanto da scorgere le labbra carnose della sua vulva.
Ora non era più un semplice ammasso di pelo pubico, ora vedevo davvero la fica calda della vecchia troia.
Restai seduto perchè avevo il cazzo così duro che temevo saltasse fuori dai pantaloni davanti alla zia.
Non vedevo l’ora di restar solo per sfogarmi con la mano.
Anche quando Irene ci salutò per andare a letto la tensione del mio uccello non si placò e per un secondo mi sfiorò la malsana idea di tirarmi fuori il cazzo incurante di mia zia e sparami la mia bella sega di fronte a lei.
Naturalmente non ne avevo il coraggio e attesi con pazienza di essere solo ma, non appena lei si alzò per andare in bagno aprii la patta e giù a mungermelo come un ossesso pronto a fermarmi quando avessi sentito l’acqua del water.
Non era la prima volta che lo facevo.
La zia andava in bagno e io zac giù di mano a sborrare prima che tornasse.
Una specie di giochino
Ma quella volta fui maldestro.
Sono sempre stato un po’ lungo a venire e quella volta non fece eccezioni.
Immaginando che la zia avesse un bisogno un po’ lungo smisi di curarmi di lei e continuai a tirarmi allegramente l’uccello sognando di prendere a pecorina nonna Irene, di strizzarle le tettone, di leccarle la fica.
Ero proprio nel momento migliore mentre nel mio sogno le sborravo addosso quando mi trovai la vecchia zia di spalle.
Incazzata nera, in camicia da notte.
Non aveva ne cagato, ne pisciato era semplicemente andata a cambiarsi quindi lo scarico dell’acqua che io consideravo il mio allarme intrusi si era ora vanificato.
Era lì a fissarmi.
Colto sul fatto col cazzo in mano. Cazzo in mano pieno di sborra perchè nel frattempo avevo terminato.
Mi fissava mentre la sborra scivolava lungo la cappella appiccicosa e umida. Io provai a rimettere via l’uccello ma era ancora parecchio duro per entrare nei pantaloni. Alla fine ci riuscì dopo un tempo incredibilmente lungo con lei sempre lì a fissarmi severa e muta.
Ora sapevo che la zia sapeva che mi facevo le seghe.
Non ne ero per niente orgoglioso e temevo il momento in cui avremmo affrontato quell’argomento.
Ma sbagliavo.
Lei non disse nulla. Si sedette sulla sua poltrona a guardare tranquillamente la tv come se nulla fosse.
Erano segnali di qualcosa che stava avvenendo in quella casa, qualcosa che ancora non potevo decifrare.
Che mi poteva fare? Picchiarmi? Sgridarmi?
No. Dopo averci pensato un momento si alzò in fretta e andò di nuovo in bagno da dove tornò poco dopo con un asciuga mani e un paio di mutande pulite.
“Togliti tutto” disse senza mutare la sua espressione rabbiosa.
“Tutto?”.
“Ma si tutto no mica vuoi andare a letto tutto puzzolente di sperma”,
“Zia io…” balbettai mentre lentamente i miei jeans calavano fino alle ginocchia.
“Zia un bel niente guarda lì che macchia che hai e tu vuoi andare a letto così. Già tanto poi ne spari altra fra le lenzuola. Porcello. E poi sono io che lavo. No dico ma lo sai la sborra quanto macchia”.
Inorridii a sentirla dire sborra con tanta naturalezza. Inorridii ma mi eccitai allo stesso tempo.
E il mio cazzo non fu da meno.
l’uccello rivelava ogni emozione infatti ormai nudo dalla vita in giù avevo una mezza erezione molto evidente.
Sapere che la zia mi vedeva sborrare mi aveva eccitato, sapere che vedeva il mio cazzo indurirsi mi eccitava ancora ancora di più.
“Ancora?” borbottò lei con l’asciugamani sul braccio.
“Zia no cosa?”.
“Come cosa guarda che roba che hai lì ma quanta ne avevi non l’hai messa tutta negli slip?”.
“No io… è solo che”.
“Senti patti chiari amicizia lunga. Io sborra nelle lenzuola non ne voglio trovare più chiaro quindi quando devi fare fai così -si chinò e mise l’asciugamani sul divano. Ecco siediti sopra così non metti il culo sul divano poi ti metti comodo fai quello che devi e ti pulisci con un altro asciugamani capito?” In effetti sul braccio aveva un secondo asciugamani bianco molto più piccolo del primo.
“Su forza siediti”.
Ero imbarazzato ma eccitatissimo davvero voleva che mi facessi una sega. Adesso? Davanti a lei?.
Mi sedetti sul divano e spalancai le gambe. Il mio cazzo era gonfio più che mai. “Allora ci siamo capiti no? Due asciugamani e basta. Fai tutto lì e alla sera me li dai ma basta lenzuola e slip da mettere in candeggina capito”.
“Si zia io…. Scusami non lo faccio più. Però adesso…. cioè io”.
“Fai no che aspetti? Prima svuoti e prima ti metti le mutande pulite. Dai che poi andiamo a letto che è già tardi”.
Mi afferrai saldamente il cazzo e iniziai a masturbarmi. Stavolta senza chiudere gli occhi anzi fissandola intensamente. Ma lei voltò la testa verso la tv come se mi ignorasse, come se fosse la cosa più naturale di questo mondo che suo nipote si segasse accanto a lei.
Più fingeva indifferenza e più io sospiravo mugolii di piacere. “Zia forse…ecco…. quasi”.
Lei si voltò “Quasi? E’ un quarto d’ora”.
“Si zia guarda ecco guarda che sborro. Guarda”.
Lei guardò. Guardò davvero e io sborrai.
“Spruzzzzz”.
Una sciabolata nell’aria. Mezzo litro come minimo caldissima e con un getto potentissimo. Per quanto avessi in mano l’asciugamani non intervenni in tempo. La sborrata schizzò in aria sospinta da tutto l’ardore del mio orgasmo.
Una delle migliori sborrate della mia vita con un risultato sconcertante.
Buona parte del getto finì ai miei piedi sulle pianelle del pavimento, il resto ancor più avanti sul tavolino di legno accanto alla zia e qualcosa ancor più in la….
Lo vidi subito. La camicia da notte azzurra della zia ora aveva la sua bella macchia bianca proprio sul petto.
“Ma cavolo ma che fai. L’asciugamano devi mettertelo sul pisello prima di sparare non dopo. Cavolo che rincoglionito ma guarda che casino. Guarda quì” borbottava strofinandosi la macchia fra le dita.
“Scusa” accennai timidamente col cazzo ancora in mano.
“Ma scusa niente. E’ tanto chiederti di essere un po’ pulito. Devi sborrare sborra ma non riempirmi la casa no”.
Sborra, cazzo tutte parole che non avevo mai sentito uscire dalla sua bocca.
“Vattene va. Vai in bagno a lavarti che è tardi”.
Obbedii senza fare commenti.
Quando tornai pochi minuti dopo tutto era stato ripulito.
La zia, la mia cara zia aveva pulito per bene tutta la mia sborra.
In più, come se non bastasse era completamente nuda.
La camicia da notte sporca del mio seme era stata accuratamente sfilata e ora se ne stava lì a mostrarmi la schiena facendo ballonzolare al vento le grosse chiappone flaccide. Era la prima volta che le vedevo il culo.
Vista la posizione provai un impulso irresistibile di infilargli il mio tarello di carne fra le gambe e ci avrei forse anche provato se lei non fosse stata lesta a girarmi intorno rintanandosi in bagno dove indossò un altra camicia da notte pulita.
Fine dei giochi ma cazzo quanto avevo visto.
Avevo visto parecchio. Avevo visto le chiappone grosse e burrose che parevano sussurrarmi “inculami inculami” avevo visto il pelazzo della sua ficona far capolino tra le cosce, avevo visto l’ombra delle sue tettone desiderando che si voltasse per potergliele succhiare e leccare.
Avevo visto troppo.
Troppo per non desiderare di scoparla.
Andammo a letto poco dopo e ancora una volta sussurrai un patetico scusa alla zia. Lei rispose solo “Spero solo di non trovarmi ancora quella roba sui vestiti o nelle lenzuola”.
“Si zia stai tranquilla” la rassicurai mentre tra me e me pensai che il modo migliore per non sborrarsi addosso sarebbe stato venire dentro ad una fica… magari la sua.
Ma non glielo dissi.
Non osai.
Non ancora.
Piano piano nel lettino mi feci un altra sega ma quando sentii l’impulso a sborrare mi alzai per tempo e andai in bagno. Presi la mira e centrai in pieno la tazza. Il letto rimase pulito.
Da quel giorno badai bene di fare come mi aveva detto la zia ossia prima di farmi le seghe mettevo per bene l’asciugamani e miravo bene il getto per non venire al vento. La cosa che però divenne davvero importante era annunciare ogni volta alla zia che me lo stavo tirando.
Già, ad esempio al mattino appena alzato quando avevo un missile tra le gambe non mi facevo più la mia bella stiracchiata d’uccello tra le lenzuola no. Ora mi alzavo, scendevo in cucina davo il buon giorno alla zia e alla nonna quindi mi svestivo dalla vita in giù e col cazzo duro in mano andavo in bagno. “Miro alla tazza stai tranquilla zia” le avevo detto una volta scherzando.
“Sarà meglio perchè io lì poi mi ci devo sedere sai”.
Già pensavo con ardore immaginado quanto sarebbe stato bello vedere le sue chiappone inzaccherate di sperma.
Possibile non capisse che era lei a mettermi tanta voglia?
Per lei era normale entrare ed uscire dal bagno mentre io tiravo seghe con la mano. Portava i vestiti puliti e diceva “Oggi metti questi”.
E io “Si zia siiii” mentre con la mano andavo a cento all’ora.
Tutto normale. Per la zia le seghe non erano un peccato.
Ciò che forse non sapeva era che io su quella tazza del cesso immaginavo lei seduta a gambe larghe con la fica spalancata per me ma questo non avrei mai osato dirglielo.
Così mi facevo la mia bella pippa mattutina con la zia e a volte la nonna a pochi metri ben conscie di cosa facevo.
E per loro andava bene.
Chissà se le sarebbe andato altrettanto bene sapere che schizzavo pensando alle sue tettone o alle sue cosce.
Chissa?
Al pomeriggio era anche peggio.
Dopo pranzo la zia si chiudeva nel salottino a farsi un sonnellino, la nonna andava a sdraiarsi in camera sua.
Da qualche giorno avevamo già convenuto che era meglio andare in salotto a farsi le seghe visto che in cucina la porta dava sull’esterno e magari poteva entrare qualcuno.
A me la cosa non è che desse poi tanto fastidio anzi avrei esibito volentieri le mie doti masturbatorie per la signora della casa di fronte (la tardona che per prima si era lasciata spiare la fica) magari con uno schizzo che le colasse addosso come era successo alla zia ma, d’altra parte anche chiudersi nel salottino con la zia che russava a farsi un segone era una grande trovata.
Appena la zia chiudeva gli occhi potevo fissarla indisturbato e concentrare tutta la mia attenzione sulle sue tettone e spesso sulle sue belle cosce visto quanto teneva le gambe aperte.
Riuscii anche a scorgere fra le gambe ma lei appresi subito, purtroppo, le mutande le aveva.

La sera chiudevo in bellezza.
Segone davanti alla tv.
La zia e la nonna guardavano la tele, io guardavo loro….
Non pareva dare fastidio nemmeno il fatto che iniziasse a venirmi voglia dopo che si erano semi-cambiate per andare a letto.
Dopo che avevo visto le due tardone che si sfilavano con calma le calze e toglievano il bustino, dopo che le avevo osservate in ogni modo.
Le due inconsapevoli facevano dei mezzi spogliarelli che infittivano il mio desiderio del loro sesso.
Ma erano davvero inconsapevoli?

Passarono quindici giorni con questo nuovo liberismo masturbatorio finchè una sera dopo che avevamo appena rimasti soli la zia mi si sedette accanto come faceva molto di rado.
“Volevo parlarti di una cosa” disse seria.
“Cosa c’è zia dimmi”.
“I giochi con la mano. I tuoi giochi con la mano. Non sarà che ne fai un po troppi. Quattro, cinque al giorno non sono troppi. A volte vedo che te ne fai anche una dietro l’altra. Ma davvero hai sempre così tanta voglia”.
“Vuoi che la smetta zia”.
“Ma no, ma no non è questo. Lo so che voi maschietti dovete farvele per stare bene e poi hai imparato a farle senza sporcare quindi va bene solo che non capisco come mai te ne fai così tante di fila. Cioè come mai sei sempre così…. Così arrapato ecco”.
La zia non capiva perchè ero così arrapato.
Strano il motivo del mio arrapamento mi stava proprio seduta accanto.
Dovevo dirglielo. Dovevo?
Non ne ebbi il coraggio.
Mentii.
“Penso alle donne nude zia”.
“Donne nude? Quali donne nude dove le vedi?”.
“Le penso. Le sogno”.
“Sogni le donne nude?”.
“Si. Quasi ogni notte”.
“E come sono queste donne cosa fanno?”.
“Fanno…. -urk ansimai accarezzandomi la patta- zia posso?”.
“Adesso?” mi fissò severa.
“A pensarci mi tira…..” provai a scusarmi.
“Se devi” annuì lei minimizzando la cosa.
Asciugamani in posizione mi spogliai e iniziai a muoverlo su e giù. Con la zia seduta accanto era un piacere in più. Lei non si scompose era ancora curiosa di sapere il mio sogno e mi fissava”.
“Hanno le tette grosse. Belle grosse e a pera e mi accarezzano mentre piano piano si spogliano fino a restare quasi nude”.
“Quasi” ridacchiò la zia.
“Tengono le calze nere” aggiunsi muovendo la mano più in fretta e fissando proprio le sue gambe e le sue calze nere.
“E perchè le tengono?”.
“Perchè il reggicalze mi fa eccitare e loro lo sanno”.
“Ti eccita il reggicalze?”.
“Molto” annui mentre ormai avevo raggiunto la piena e completa erezione.
“E poi le guardi e basta?”.
“No. Mi chino fra le loro cosce e gliela lecco, Gliela lecco tutta finchè non mi dicono che è ora di scopare e scopiamo…”.
“Quindi sogni la tua prima scopata tutto quì”.
“Già”.
“E continuerai ad ammazzarti di seghe finchè non scopi è questa la tua idea?”.
“Non riesco a farne a meno”.
“Capisco”.
“Ecco vedi zia guarda, guarda” le annunciai e mi sborrai in mano controllando per bene il getto. Mentre spruzzavo istintivamente allungai una mano e gliela poggiai sulla coscia. Pareva un riflesso ma era voluto. Volutissimo.
Non sapevo se lo capiva ma le palpai bene la coscia finchè non ebbi svuotato fino all’ultima goccia.
Lei non fece una piega. Aspettò buona che mi svuotassi quindi si rialzò e andò ad accendere la tv come se nulla fosse.
Non eravamo mai andati tanto vicino alla scopata come in quel momento. La mia mano sulla coscia lei a pochi centimetri dal mio cazzo duro. Se voleva fare qualcosa non c’era occasione migliore.
Eppure aveva rifiutato.
Così dedussi che il mio cazzo, il mio grande cazzo, proprio non le interessasse.
No.
Permissiva si ma porca proprio no.
Peccato.
Tanto valeva tornare sui miei passi anche perchè una che porca lo pareva davvero la conoscevo davvero.
La nonna il mio primo amore, il mio primo impulso a fottere La tardona era lì e mi aspettava.
Perchè farla attendere ancora?
Ancora non sapevo come dire a mia nonna Irene che volevo chiavarla. Non trovavo le parole, non trovavo il coraggio.
Eppure sentivo che era una troia. Una troia che si lascia guardare la fica e non mette le mutande.
Una troia vogliosa di cazzo.
Del mio cazzo.
Avrei dovuto osare, ma non trovavo il coraggio.
Lei doveva averlo capito perchè sempre più spesso lasciava che la spiassi, sempre più spesso si cambiava d’abito di fronte a me e restava con addosso solo il bustino per un tempo infinitamente lungo mentre era chiaro che la sua patonza senza mutande si stava facendo mangiare con gli occhi.
Successe un pomeriggio.
Ero a letto a farmi una sega, saranno state le quattro del pomeriggio quando mia nonna è entrata. Era nuda, in bustino nero senza coppe e senza mutande.
Non era una novità che mi si mostrasse così ma restai alquanto perplesso quando mi si sdraiò accanto e mi prese in mano il cazzo.
“Certo che è davvero venuto grosso stò uccellone” mi disse e così facendo iniziò a segarmi.
Dopo un po’ fissandomi disse “Non sarebbe ora di usarlo davvero” e senza darmi il tempo di ribattere si sdraiò al mio fianco sollevando bene le gambe.
Io non aspettavo di meglio e già mi ero messo sopra di lei pronto a fiondarglielo dentro quando mi fermò e mi disse che prima dovevo leccarla bene se volevo che entrasse.
Obbedii. Lei mi diceva dove e come leccarglila e succhiargliela e alla fine sborrai in mano tanto era bello succhiarle la sorcona.
Anche lei se la era spassata perchè mi venne più volte in bocca. Ottenuto un temporaneo abbassamento del mio uccello la nonna provvide con un pompino.
Non era la prima volta che mi succhiava il cazzo, un’abitudine che aveva fin da quando mi faceva il bagnetto ma quella volta ci si mise così di impegno che mi venne un missile fra legambe.
Ero pronto. Le montai sopra e lo guidai nella sua fica.
Calda, bagnata, stupenda.
Certo crescendo avrei poi scoperto fiche molto più giovani e appaganti ma per mè allora quello era il massimo.
Scopammo.
Prima io sopra e lei sotto, poi mi sdraiai io e le mi si sedtte in braccio sbattendomi in faccia quei tettoni che dondolavano ritmicamente ad ogni pompata e che alla fine mi fecero sborrare un’altra volta.
Incuranti continuammo a fottere a pecorina e poi di nuovo in bocca.
Dopo tre ore senza sosta e 5 sborrate consecutive scendemmo per la cena.
Andammo in sala da pranzo ancora nudi e grondanti sudore e sperma.
Sorprendendomi la cosa non stupì mia zia come se fosse del tutto naturale che mia nonna fosse ricoperta della mia sborra.
Ma non fece commenti, forse per la zia andava bene così, mi spedì a fare una doccia senza fare commenti…
La sera andai a letto ed era tale e tanto il piacere provato quel pomeriggio che appena spenta la lece attraversai il corridoio andando nel lettone di nonna Irene. Pensavo di doverla svegliare invece lei era lì nuda sdraiata sopra alle coperte.
Senza dire una parola mi prese in mano il cazzo e se lo portò alla bocca iniziando a succhiare divinamente.
Reso d’acciaio mi sdraiai di fianco a lei succhiandole i grossi capezzoli duri. Lei mi prese il cazzo e se lo guidò fra le cosce.
Appena sentì la cappella dentro la nonna sospirò di piacere. Scopai la nonna ancora una volta e poi presi sonno accanto alla mia cara nonna troia.
Naturalmente da quella sera ogni notte presi a farmi una bella chiavata con nonna prima di addormentarmi.
Ma non bastava.
Non poteva bastare al mio uccello sempre in tiro.
Se all’inizio ci davamo semplicemente come ricci stantuffando bene bene nella sua fica dopo qualche tempo ero a pecorina su di lei ad allargarle il secondo canale.
Lì non era propiamente vergine confermandomi di essere una troia ma era abbastanza chiusa per il mio cazzone.
Così iniziai ad incularla montandola come una vacca e schiaffeggiandole il culo mentre lei ansimava e godeva a tutto spiano.
Questo di notte ma di giorno certo non stavamo fermi.
Incurante della zia che poteva vederci presi a fottere nonna Irene tutte le volte che potevo.
In bagno, mentre cucinava, mentre la zia pisolava.
Una volta le alzai la gonna mentre lavava i piatti e me la impalai per venti minuti mentre l’acqua scorreva.
Un’altra volta andai in bagno mentre pisciava e me lo tirai fuori. Lei pisciò nella tazza io sborrai nella sua bocca.
Ero un porco e lei non era da meno.
Eppure con l’odore di sesso che aleggiava in casa continuavo a pensare a quanto mia zia, stranamente facesse orecchie da mercante.
Possibile che non si fosse accorta di nulla?
Che non sapesse che chiavavo sua sorella a tutto spiano.
La conferma la ebbi un pomeriggio. La zia stava facendo il solito pisolino ed io ero a letto con la nonna.
Io nudo, la nonna in autoreggenti nere.
Sdraiato e lei sopra a cavalcarmi ben bene. L’uccello duro piantato nella sua fica, le mani piantate a strizzarle le tettone.
Ero quasi alla sborrata quando si aprì la porta.
La zia ci guardava.
“Irene esco un attimo che ho finito il diserbante per i fiori”.
“Siiii” annuì mia nonna non so se per il cazzo o per darle risposta.
“Quando torno diamo una bella spruzzata hai gerani”.
Io ero allibito.
Ero lì a chiavarle la sorella e lei parlava di gerani.
Tutto normale.
Anche la nonna, stranamente, non aveva smesso di agitarsi. Aveva conversato con la sorella e continuato a cavalcarmi senza smettere.
Era evidente che per le due andava bene così.
A nonna andava bene farsi chiavare dal nipote e alla zia non dava fastidio.
Tutto bene allora?
Tutto tranne il fatto che a me scopare la nonna mentre la zia mi guardava mi eccitava ancora di più….

Infatti tornammo alla nostra chiavata e quando la zia rientrò col diserbante la nonna era ancora a pecorina e io dietro a incularla a tutto spiano.

La zia chiamò “Irene!”.
Siamo qui risposi io.
La zia entrò.
La nonna era chinata come una vacca e io le stavo in groppa stantuffandoglielo su e giù per il culo.
“Ho quasi fatto zia” le dissi certo che mi stesse fissando.
“Ecco bravo fai in fretta che sennò viene buio”.
“Siii, siii, ci sono” rantolai a tutta voce sottolineando il mio orgasmo.
“Ecco zia ancora due botte nel culo della nonna e ho fatto”.
“Bravo ma non esagerare che abbiamo un età” disse la zia.
“Se la nonna ti pare stanca forse potresti darle il cambio” ammiccai io ma lei fece finta di non aver sentito.
Cominciai davvero a dubitare che fosse lesbica.
Erano quasi le dieci.
Quel pomeriggio mi ero scopato abbondantemente nonna Irene venendole sia in fica che in bocca.
Quindi, come si suol dire, avevo già dato.
Quindi poche ore dopo lo spettacolo di zia Lea che si toglieva le calze mostrandomi ampi scorci delle sue mutande e dei suoi tettoni strabordanti non avrebbe dovuto agitare più di tanto il mio uccello.
Invece era ancora bello duro.
Lei per di più mi chiese di passarle la colonia sulla schiena.
Una cosa che le piaceva farsi fare ogni tanto che, mi diceva, le alleviava il prurito.
Era un po che non mi chiedeva di fargli i massaggi alla schiena o meglio “di pulirla” come diceva lei.
Infatti l’ultima volta era capitata una piccola erezione e mentre se ne stava prona sul tavolo con me dietro quasi senza farlo apposta se lo era sentito ben duro poggiato alle chiappe.
Certo si era subito ritratta in avanti e anche se non aveva detto nulla era ovvio che non avrebbe fatto altri tentativi.
Insomma era chiaro no?
Io le poggio il cazzo ad altezza culo, lei si rizza in pieni e si sposta.
Non ci stà. Molto semplice.
Ma ora eccola li con la colonia poggiarsi a 90 sul tavolo della cucina. Si china e solleva la maglia.
Anche questo è un particolare non indifferente.
Infatti, solitamente, la zia aveva i vestiti addosso e per farsi lavare la schiena si limitava ad abbassare le spalline del bustino fino alle spalle porgendomi la sua bianca schiena nuda ma nulla di più.
Stavolta invece non ha nulla.
Quindi mi da la schiena certo ma tolta la maglia è evidente che è nuda dalla vita in su con le grosse perone al vento. Certo da dietro non posso vederle, solo intuirle, tanto più che lei vi tiene un braccio sopra e le preme contro al tavolo censurando il meglio.
Solo ad intuire le tettone così vicine me lo sento duro, più duro che mai.
Dapprima non mi appoggio. Massaggio bene col cotone bagnato, con forza e vigore come lei mi sprona a fare ma le vedo. Vedo l’ombra delle tettone ballonzolare ad ogni colpo.
Sono arrapato e. sotto ai jeans non ho le mutande.
Mi appoggio.
Come ho già constatato anche lei non ha intimo sotto al pigiama quindi eccoci.
Il mio cazzo duro poggiato alla sua ficona e alle sue chiappone divisi da un millimetro di stoffa.
Se non lo sente pulsare deve essere davvero frigida.
Massaggio. Massaggio e mi struscio. Cristo ancora un po e vengo.
Lei non dice nulla. Resta immobile. Mi lascia fare. Immaginando che questo sia il massimo che posso pretendere cerco di godermela il più possibile.
Ma sbaglio.
Con un colpo rapidissimo lei abbassa un braccio. Afferra il suo pigiama e zack!
Se lo cala fino alle ginocchia.
Io resto pietrificato.
La sua mano torna su dalle ginocchia si ferma al mio inguine mi solletica la punta del cazzo.
“Dai su… E’ questo che aspetti no…”.
“Zia io?”.
“Vuoi scoparmi o no?”.
“Zia io”.
“Dai su che non ho tempo da perdere… Se vuoi infilare infila o vuoi farti il solito segone mentre ti guardo?.
Secca. Chiara e diretta.
E non le dico certo di no.

Tiro fuori un cazzo marmoreo e facendomi appena strada tra le sue coscione grosse ed invitanti le afferro la patatona.
La peluria ricciuta mi eccita assai.
Sento la vulva bagnata e pronta.
La troia è un lago di desiderio.
Non resisto oltre. Con un colpo secco le entro dentro fino ai coglioni.
Lei sussulta. Io godo.
“Che travone”.
“Bhe l’hai visto che è grosso no”.
“Si ma dentro è diverso”.
“Ti faccio male?”.
“No no anzi… pompa… dai che aspetti pompa”.
E pompo!
Come un trapano elettrico, come un toro da monta, come un maiale in calore.
La trapano e la faccio ululare di piacere mentre la sento bagnarsi a ripetizione un orgasmo dietro l’altro.
Le afferro le tette e le strizzo mentre faccio su e giù col mio uccello sussurrando quando io adori quelle enormi tettone.
Perdiamo il conto del tempo. Ma da quanto stiamo scopando? Mezz’ora? Forse di più. Non importa nessuno vorrebbe smettere anche se ho i coglioni che fremono tanta è la sborra che ho dentro.
Lo estraggo esausto e me lo meno. “Devi farla? Chiede lei.
“Si tanta…”.
“Dentro no però ok”.
“Sulle tette zia. Ti prego sulle tette…”.
Non pare dispiaciuta.
Si siede sul divano e afferratasi le zinne me le porge perchè io in piedi possa passarci sopra la punta del cazzo. “Ti piacciono le mie tettone?”.
“Le adoro zia sono loro che sognavo ogni sera sai.
Le a-do-ro” e così dicendo aprò i tubi inondandola con un getto di sperma bianco che le copre completamente.
Parecchia le finisce sul mento e sul collo.
Lei per nulla turbata si pulisce le guance con un dito.
Se lo ficca in bocca. Assaggia la mia sborra ancora calda. Pare piacergli.
“Adesso prendimi un asciugamano sborrone che non sei altro….”.
Le prendo l’asciugamani, lei si pulisce. Io la guardo ecciato. Lei mi guarda….
“Zia io…”.
“Cosa” chiede scodinzolando le tette.
“Ti adoro zia. Sei così fica!”.
“E quindi?” chiede seria.
“Non vorrei che fosse l’unica volta capisci”.
“Unica?”.
“Si non vorrei che tu….”.
“Bell’uccellone della zia ma chi ti ha detto che è l’unica? Certo dobbiamo fare attenzione ma… Quando vuoi la zietta è qui che ti aspetta capisci ed è molto più brava del tuo braccio se capisci cosa intendo dire”.
“Zia davvero? Davvero mi fai scopare quando voglio? Basta chiedere?”.
“Basta chiedere…. -sorride le così facciamo riposare la nonna ogni tanto- e mi strizza l’occhio..
Fantastico.
Vado a fare una pisciata celebrativa.
Quando torno la zia è ancora nuda e stà fumando una sigaretta in santa pace.
La guardo. Anche io sono tutto nudo.
Mi siedo accanto a lei. “Zia…”.
“Dimmi?”.
“Basta chiedere?”.
“Si te l’ho già detto”.
“E se te lo chiedo adesso?”.
“Adesso? Ancora?”.
Non le rispondo il mio cazzo duro è più chiaro di ogni parola.
Lo fissa. Sorride. Lo afferra con la mano e lo massaggia un po. “Vuoi farmi una sega?”.
“Ti piacerebbe?”
“Si… magari anche un pompino”.
“Maiale….”.
“Scusa”.
“Fa niente ormai l’hai detto. Tanto vale che andiamo a letto che si stà più comodi”.
“Si più comodi e più tranquilli” annuisco io.
E così saliamo in camera. Ci infiliamo nudi nel suo letto e al buio mi godo un pompino fantastico sussurrandole sotto voce quanto sia bella e brava.
“O zia, si zia, dai zia” e le vengo in bocca….
Il risveglio è doloroso. Sono tutto rotto. Avevo tanta di quella voglia che ho finito per chiavare tutta la notte come un allupato.
Il cazzo non mi si smosciava mai. Sborravo e subito mi tornava più duro di prima. Anche zia Lea sembrava non averne mai abbastanza. Mi ha fatto una sega alla spagnola fra le sue enormi tettone, me lo ha sbocchinato con maestria leccandomi ben bene la cappella e succhiandomi i coglioni come fossero due susine mature. Ha bevuto la mia sborra calda senza perdersene un sorso e non ha esitato a segarmelo a tutta forza per farlo restare duro il più a lungo possibile.
Poi è venuto il mio turno. Anche io volevo bere dalla sua ficona come lei aveva fatto dal mio uccello. Avevo appena finito di montarla a pecora e le ero venuto sulla schiena per la seconda volta quando mi ha detto che doveva proprio pisciare.
Io ero ben contento di lasciarglielo fare, tanto più che le sono andato dietro e ho assistito alla cosa.
Guardare la fica che piscia è sempre bello, specie se è la fica di una troia, doppiamente se la troia è tua zia. Lei sorride vedendo che il cazzo mi si drizza e capisce che la sua pisciatona mi arrapa. Probabilmente è felice perchè se è nuovamente duro può farsi impalare ancora. Si alzà dalla tazza, tutta nuda con quei tettoni che dondolano provocanti.
Mi guarda e si avvicina. Si mette due dita sulle labbra del suo ficone spalancandola oscenamente. “Vediamo se la lecchi bene” dice e quasi me la schiaffa in faccia.
Sapeva di pipì ma in quel momento era la cosa più buona del mondo. Non sapevo ancora quanto fosse dolce e delicata la fichetta di una ragazza non sentivo l’esigenza di un corpo giovane da amare e possedere. Volevo solo fottere. Infilare il mio cazzo duro negli orifizi di quella vecchia troia e sentirla ragliare di piacere ed ecciatarmi ad ogni colpo. Ero un toro arrapato e lei la mia vacca in calore. Leccarla era il modo migliore per trovarla bella umida quando ci avrei infilato nuovamente il cazzo.
Lei godeva e mugugnava e finalmente mi venne in bocca.
La sua sbroda era dolce, invitante, mista al piscio salato era una goduria. Si ero un vero maiale un leccatore di gnocche. Un i****tuoso scopatore di vecchie maiale.
Il bello è che più pensavo a quanto fosse vecchia quella donna tanto più mi veniva duro. Più riflettevo sul fatto che fosse mia zia, più desideravo metterglielo in fica e in culo.
Feci appena in tempo ad alzarmi dalle sue cosce marce di saliva e sbroda che già avevo la cappella in fiamme.
Appena il tempo di sfregare il cazzo su uno dei suoi capezzoli duri e dritti e spruzzai senza neanche accorgermene. La quarta sborrata in meno di due ore. Già fatto disse lei quasi a volermi umiliare. Era lei a guidare il gioco, lei ad avere quel meraviglioso cespuglio peloso fra le gambe che io tanto desideravo. Io ero solo il povero coglione che si sborrava addosso schiavo dei suoi sensi. Per quanto fossi io a infilarlo tra le sue gambe era lei a guidare il gioco.
Restò duro.
Iniziai a spingere. Volevo fottere. Fottere ancora. Volevo farla urlare implorante di piacere. Volevo essere io a scopare lei.
E così feci.
Nella notte avevo sborrato altre tre volte e avevo perso il conto degli orgasmi di Lea. Nonostante ciò il nostro amplesso continuò ad andare avanti con solo brevi soste per pisciare. Eravamo in calore e ci eravamo sfogati senza limiti fino all’alba.
Ora però ero sinceramente distrutto e anche lei pareva esausta e coperta di sperma dai capelli ai piedi russava sonoramente in pace coi suoi sensi.
Andai a pisciare. Solo a spingere fuori urina mi doleva la cappella eppure avevo i reni pieni e stetti li a tenermelo in mano per due minuti buoni prima di svuotarmi la vescica.
Quando tornai in camera la zia non c’era più.
Possibile che fosse scesa di sotto senza neanche lavarsi via la mia sborra. Chiunque l’avesse vista si sarebbe subito reso conto che era stata chiavata come una troia. Solo la puzza di sesso che aveva addosso bastava a togliere ogni dubbio.
Mi infilai velocemente una lunga t-shirt che mi arrivava fino alle cosce coprendomi il pisello e scesi a cercarla.
Eccola. Era nel piccolo bagno vicino alla cucina. Lì non c’era la vasca da bagno ma solo una piccola doccia. Evidentemente sentendo che avevo occupato il bagno al primo piano aveva deciso di usare l’altro.
Sentivo l’acqua scrosciare. Decisamente, giudicando gli ettolitri di sborra che le avevo sparato addosso ci avrebbe messo un po’ a ripulirsi.
Decisi di fare il caffè per tutti e due. Ne avevamo decisamente bisogno.

Quando uscì dalla vasca lo avevo appena versato nelle tazze.
Lea si era già vestita.
O quasi.
Indossava un bel bustino nero che sottolineava il suo corpo formoso e reggeva le calze di nylon nere e molto velate.
La troiona però non aveva messo le mutande.
Non ancora.
Era una visione fantastica.
“Zia con le calze sei ancora più sexy”.
“Si lo vedo” sorrise lei.
Stava guardando sotto alla t-shirt. Nonostante tutto il mio cazzone aveva ancora qualche cartuccia. Era bastata quella visione per farmelo rizzare…
“Zia che bella. Quanto sei fica”.
“Si guardala pure finchè non metto le mutande”.
“No zia no”.
“No cosa?”.
“Non metterle. Stai senza. Lascia che ogni volta che ti siedi possa vederti la gnocca”.
“Ummm…. Devo pensarci su”.
“Pensaci” le dissi. E per aiutarla a riflettere meglio mi avvicinai porgendole il cazzo duro.
Meccanicamente lei iniziò a farmi una sega.
“Me ne fai fare una veloce”.
“Ancora? No dai mi bruciano le labbra a forza di sfregarti. Stasera”.
“Stasera?”.
“Si. Tienilo a riposo fino a stasera e ti prometto che mi tengo le calze e il bustino tutta la notte”.
“Che figo”.
“Già però devi metterti in forze altrimenti stasera niente festa”.
Stava ancora massaggiandomelo con la mano e temevo che volesse smettere.
“Zia mica vuoi lasciarmi col cazzo duro adesso?”.
“No no te lo faccio sborrare in un attimo ma poi basta fino a stasera capito”.
“No” esclamai io.
“Voglio dire -spiegò lei mentre si chinava a quattro zampe sul mio cazzo- che adesso ti sparo una pompa ma poi lo tieni a riposo fino alle nove… Non si chiava più per tutto il giorno”.
E così dicendo iniziò a succhiarlo con la sua solita bravura.
“Ok zia niente chiavate fino alle nove di stasera” annuii io.
Lei di colpo se lo sfilò di bocca e mi guardò dal basso in alto. “Neanche con la nonna ovviamente” aggiunse.
Come se nulla fosse riprese a succhiarmelo….
E durò meno di due minuti.
“Che troia La. Che troia che sei” ululai inondandole la bocca.

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