La lampadina

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LA LAMPADINA

Quel venerdì pomeriggio ero solo a casa, e quindi, come spesso succede in questi casi, dedito ad una interessante navigazione nel web fra siti porno amatoriali, seduto alla scrivania dello studio con il pantaloncino della tuta abbassato. Armeggiavo pigramente con mouse e tastiera, ovviamente utilizzando una mano sola…
Inaspettatamente sentii suonare il citofono. Ma chi poteva essere? Andai in soggiorno, dopo essermi ricomposto alla meglio, e dall’ampia vetrata della porta d’ingresso riconobbi, fuori dal cancelletto in fondo al vialetto del giardino, la mia vicina di casa, Laura.
Che diavolo poteva volere, porca miseria? Mi ricontrollai velocemente, per accertarmi che non avessi dimenticato tracce della precedente attività che stavo svolgendo. No, è tutto OK, lo specchio mi rassicurava.
Aprii il cancelletto premendo il pulsantino del citofono, e vidi Laura avanzare spedita e risoluta lungo il vialetto. Strano, di solito è sempre così timida e riservata…
Arrivata a qualche metro da me, chiese ansiosamente di mia moglie:
“Ciao, c’è Cinzia?”
“No, mi dispiace, è andata dai suoi genitori, sarà fuori tutto il fine settimana…” risposi io.
Rimase molto delusa, anzi quasi disperata: “Ah… Mamma mia…”
Non sapevo che dire, la vedevo imbambolata per la delusione. Dopo qualche istante provai:
“C’è qualche problema?”
Non ricevendo risposta, e vedendola sempre più angosciata, aggiunsi con tono protettivo:
“Posso fare io qualcosa, o si tratta di una faccenda che riguarda solo Cinzia?”
Senza rispondere, Laura scoppiò a piangere. Non si fermava più, con le mani sul viso, emettendo singhiozzi soffocati. Nonostante non potesse vederci nessuno, e neanche udirci nessuno, visto che piangeva sommessamente, io ero molto imbarazzato.
“Laura, ma che è successo? Dai, calmati, vieni dentro.”
Volevo evitare che qualcuno potesse vederci in quella situazione che mi sembrava un po’ equivoca. La feci entrare e richiusi la porta a vetri dell’ingresso. Laura continuava a piangere, e io non sapevo veramente che dire e che fare, tanto la situazione era per me inaspettata. A un certo punto lei cominciò, fra i singhiozzi, a pronunciare frasi sconnesse in tono un po’ isterico.
“Come devo fare? Come devo fare?…

Ah, io sono finita… Dio, che situazione! Ma perché? Perché mi sono cacciata in questo casino?”
Poi, attenuando un po’ l’intensità del pianto, aggiunse sconfortata:
“Se almeno ci fosse stata Cinzia… E invece no, neanche questo… Che casino!…”
Sempre più confuso, provai a consolarla, cercando di capire se potevo fare qualcosa:
“Ma ti è successo qualcosa? O è successo qualcosa alla tua bambina?”
“No, no, la bambina è via con Franco, alla casa al mare dei miei suoceri. Sono sola a casa, e… non so come fare.”
Poi aggiunse, ricominciando a piangere istericamente:
“Va a finire che muoio così, per una cazzata del genere… Come devo fare? Come…?”
Ormai parlava quasi a se stessa, come se io non ci fossi, o fosse evidente che io non avrei potuto in alcun modo aiutarla. Sempre più preoccupato, dissi allora:
“Morire, tu? Ma insomma, Laura, si può sapere cos’hai? E io, non posso aiutarti io, anche se Cinzia non c’è? E poi, perché parli di morire? Si tratta di questioni di salute, stai male?”
Non rispondeva. Allora incalzai, con la mia solita logica:
“Ma scusa, possiamo chiamare tuo marito se non ti fidi di me! In fondo potrebbe arrivare qui dal mare nel giro di un paio d’ore…”
“No, no, che mio marito…” rispose allora, arrabbiata con se stessa. “Sono proprio una cretina, ma pensa un po’ che ho combinato! E adesso…” Di nuovo cominciò a piangere: “Adesso metto a rischio la mia vita, così…”
“Va beh, non vuoi chiamare Franco, ma ci sono mille altre soluzioni.” La mia logica continuava imperterrita: “Scusa, se è un problema di salute, ti porto all’ospedale, al Pronto Soccorso…”
“No, sei pazzo!” mi interruppe fulminandomi con lo sguardo terrorizzato. “Sai che figura!… No, no!”
Piangeva sempre più spaurita, un po’ curva con la testa raggomitolata fra le mani. Mi faceva pena e anche un po’ tenerezza. La scenata dei minuti precedenti aveva portato via l’imbarazzo iniziale, e ora mi sembrava naturale propormi con delle avances, sia pure di tipo esclusivamente consolatorio, così l’abbracciai teneramente con un braccio, e con l’altra mano le spinsi la nuca sul mio petto. Lei gradì, e con una mano si aggrappò a me, come a cercare protezione, continuando a piangere.
Naturalmente una parte di me (si può ben immaginare quale!) fu egoisticamente felice di quanto stava avvenendo: lei è una bella donna quarantenne, con un bel viso e bei capelli castani, e non poche volte mi era capitato di sbirciare i suoi fianchi deliziosamente sporgenti dal vitino sottile, di guardarla in giardino mentre prendeva il sole in costume, di ascoltare il suo tono di voce molto sexy. Data la sua timidezza e il suo contegno riservato, non avrei mai osato tentare un approccio che non fosse un convenzionale colloquio fra vicini. Ma in quel momento era lì, sola con me, vulnerabile, bisognosa di aiuto e abbracciata a me…
Scacciai via questi pensieri da vecchio satiro (anche per evitare imbarazzanti rigonfiamenti nella tuta…), e mi sforzai di tornare al punto: Laura doveva avere un grosso guaio se parlava così. Forse ingigantiva il problema, ma qualcosa doveva esserci, e riguardava la sua salute. Quindi non potevo fare lo stronzo, dovevo scacciare le tentazioni e cercare di capire come aiutarla. Con voce rassicurante, parlando col cuore, le dissi:
“Laura, ascolta, se veramente è in pericolo la tua vita, non c’è niente che tu non debba provare per risolvere questo tuo problema. Ma scherziamo? Hai una bambina, hai una famiglia, hai delle responsabilità… Se davvero sei in pericolo hai il dovere di fare tutto quello che si può… Che ti frega della figura che puoi fare al Pronto Soccorso? E poi, figura di che? Quando si sta male c’è poco da vergognarsi…”
Il mio tono aveva sortito buoni effetti. Sempre più calma anche lei, Laura si rendeva conto che avevo ben ragione, e si limitò ad obiettare:
“Ma come faccio a dire… Io mi vergognerei da impazzire… Ecco perché speravo ci fosse Cinzia, un conto era confidarmi con lei, ma così come faccio…”
“Ma perché non ne parli a tuo marito?…”
“No! No! Assolutamente!”
“Ma scusa, preferisci correre pericolo di vita, quando qualcuno potrebbe aiutarti…? Dillo a me allora, scusa… Io, guarda, se posso aiutarti, madonna, lo faccio senz’altro e con la massima discrezione… Ti giuro, puoi fidarti di me, tanto io sono un estraneo, che ti frega? Non ti devi vergognare di me tanto io ti giuro che terrò tutto per me, qualunque cosa sia, ma almeno potrò aiutarti… Eh, scusa, se è una cosa grave, devi farti aiutare… Non vorrai mica correre veramente dei pericoli seri solo perché ti vergogni? Dai, dimmi qual è il problema.”
Dopo una tale arringa, mi accorgevo di averla quasi convinta, ma mi aspettavo ancora lunghi e contorti giri di parole da parte sua per spiegarsi. Invece, con un filo di voce, secca:
“Ho una lampadina… nel sedere.”
Rimasi allibito. Per un secondo mi chiesi se avessi capito bene, mentre lei, uscitale la terribile confidenza, si strinse più forte a me, come a sigillare il patto di confidenza e segretezza fra noi. Ma subito mi ripresi dallo choc, affrettandomi a dissimulare un’eccessiva meraviglia:
“Embè? Tutto qui? Pensavo chissà che avevi!”
Intanto riflettevo rapidamente: ha una lampadina nel culo! E come ci è arrivata lì? Sicuramente si stava masturbando, sola in casa, e avrà voluto provare emozioni forti. Meglio ostentare tranquillità, e offrirle complicità, per metterla a suo agio e superare la vergogna. Intanto lei, un po’ rinfrancata dalla mia reazione, rispose:
“E ti pare poco? Io ora non so come fare, è rimasta dentro e non riesco più a farla uscire.”
Ed io, continuando con la mia strategia:
“Beh, ma scusa Laura, se è riuscita ad entrare si potrà anche farla uscire, no? In ogni caso non mi sembra proprio una cosa per cui tu rischi la vita, vedrai che con un po’ di pazienza la faccenda la risolvi. Io prima mi ero spaventato, chissà cosa pensavo che fosse successo! Ma se è solo per questo…”
“Eh, la fai facile tu… Se vado al Pronto Soccorso, cosa gli dico?? Che non riesco più a sfilarmi la lampadina… Devo lasciare nome e cognome, spogliarmi e sottopormi al loro intervento… Va a finire che mi sputtanano per tutta la città, che lo vengono a sapere tutti i miei parenti, i miei colleghi…”
Ricominciò a singhiozzare e continuò:
“Franco mi lascerà per la vergogna, la mia famiglia sarà distrutta…”
“Ehi, ehi, ehi… Calma!” la interruppi. “Stiamo calmi e ragioniamo. Non c’è bisogno di andare al Pronto Soccorso, né di farlo sapere a Franco o a qualcun altro. E’ una cosa che puoi sicuramente risolvere da sola, se stai calma.”
“Sì, magari…” disse amaramente.
La staccai un po’ da me, tenendola per le spalle tenere e sensuali, e ripresi a parlare, suadente:
“Parliamoci francamente, senza falsi pudori, se no non risolviamo niente. Se sei riuscita a farla entrare, sicuramente puoi tirarla fuori, no? Dove vuoi che sia finita?”
“Non lo so, non lo so… Io… che cretina che sono… mi stavo… insomma… così da sola… e avevo pensato di giocare con degli oggetti, così… da dietro…”
Era imbarazzatissima, ma ora aveva voglia e bisogno di confidarsi, di togliersi il peso che aveva dentro, soprattutto per la speranza, sia pure ancora tenue, che le avevo dato. Così, facendosi coraggio, con gli occhi bassi, continuò:
“Allora… a un certo punto ho preso la lampada che ho sul comodino, ho tolto il paralume, lasciando il portalampada con la lampadina avvitata sopra, e… madonna che vergogna!…”
“Laura, ma che ti frega di me e di quello che penso? Finisci di dirmi cos’è successo, senza vergognarti, così capiamo qual è il problema e cerchiamo la soluzione.”
“Ma tu chissà cosa penserai di me… Che figura…”
Ebbi un colpo di genio. Se le avessi confidato anch’io qualcosa di molto imbarazzante, e attinente al tema in questione, le sarei apparso totalmente complice e avrei conquistato la sua completa fiducia, in un momento in cui lei aveva fortemente bisogno di potersi fidare. Allora dissi:
“Laura, guarda che la masturbazione è una cosa assolutamente normale, lo sai anche tu no? Anch’io lo faccio spesso, nonostante sia felicemente sposato. E’ una maniera di vivere liberamente la propria carica erotica senza doversi preoccupare degli altri. E poi anche la stimolazione anale… beh è una cosa molto più diffusa di quanto credi, non sei mica solo tu a giocare così… Anzi ti dirò, in confidenza, ma resti fra noi: anch’io nonostante sia maschio ed etero, qualche volta mi diverto a stimolarmi da dietro con le dita o con oggetti mentre mi masturbo. E’ eccitante e alla fine si gode di più, è così anche per noi uomini, anche se è un tabù.”
Per la prima volta da quando era entrata in casa mi fissò dritta negli occhi, stupefatta per la confidenza.
“Davvero lo dici?”
“Certo. Magari non sono mai arrivato alle dimensioni di una lampadina, ma qualche pennarello…” e sorrisi ammiccando con una smorfia simpatica. “Quindi non pensare di aver compiuto chissà quale stranezza vergognosa o di riuscire a scandalizzarmi più di tanto…”
Era fatta. La guardavo nei suoi occhioni marroni. Ora la sentivo molto più rilassata e pronta a fidarsi di me completamente. Le chiesi:
“Allora, cos’è successo alla lampada senza paralume?”
Abbassò di nuovo lo sguardo e continuò, senza più esitazioni:
“Ho appoggiato la lampada a terra e poi ho spalmato un po’ di saliva sulla lampadina e anche sul mio… sì insomma lì…Poi mi sono accovacciata sopra, sedendomi piano piano sulla lampadina, e insomma… l’ho infilata dentro…”
La mia curiosità si era ovviamente fatta sempre più morbosa, e cercando di dissimulare l’eccitazione, le chiesi con tono un po’ ingenuo e premuroso:
“Ma non era troppo grande? Non ti ha fatto male?”
E lei: “Beh, mi ero già un po’… dilatata prima, con altri oggetti un po’ più piccoli.”
Morivo dalla curiosità di saperne di più, ma non potevo mostrarmi troppo interessato a dettagli che esulavano dal problema della lampadina. Avrebbe capito che ero arrapatissimo e avrei perso la sua fiducia.
Continuò: “Io ero tranquilla perché la lampadina entrava e usciva senza difficoltà…”
Minchia, pensai, chissà che bucone che ha questa! La tuta mi si stava gonfiando a vista d’occhio.
“Poi, ad un certo punto, ho sentito arrivare… insomma…”
“L’orgasmo…” suggerii io per aiutarla nell’imbarazzo del racconto.
“Eh, appunto… E allora, che scema, ho accelerato ancora di più il movimento sulla lampadina, e in maniera troppo brusca… Ad un certo punto, proprio quando era cominciato… l’orgasmo, mentre ho cercato di sfilarmela, si è staccata la parte superiore della lampadina, quella di vetro, dalla parte metallica inferiore, quella che si avvita al portalampade. Ho sentito chiaramente che mi era restata la lampadina dentro… ma era proprio nel momento del… Mi capisci, no? Così non ho voluto interrompere… e ho continuato a toccarmi… Ma tutte le contrazioni dell’orgasmo hanno fatto risucchiare la lampadina sempre più dentro, e così quando ho finito… e ho cercato con le dita di tirar fuori la lampadina, ho scoperto che era così dentro che riuscivo a malapena a toccare un’estremità. Allora mi sono spaventata, e ho cercato in tutti i modi di infilare le dita ancora più dentro, ma la lampadina sembrava allontanarsi sempre di più. Ero disperata, non sapevo come fare… Allora ho pensato di fare… sì insomma un clistere. Cioè, non proprio un vero clistere, ché in casa non ne ho, ma ho usato… il rubinetto del bidet… Capisci cosa voglio dire, no?”
Cavoli! Mi stava dicendo candidamente che si era infilata il rubinetto del bidet nel culo e aprendo il miscelatore si era lasciata inondare il retto! Che porcellona!
Ma lei continuò: “Sono stata proprio stupida. Io credevo che l’acqua facesse l’effetto del clistere, aiutandomi ad espellere la lampadina, e invece il getto deve averla spinta ancora più all’interno… Quando ho espulso l’acqua, della lampadina nessuna traccia, anzi non la sentivo neanche più dentro di me… Con le dita allora ho riprovato a sentire dov’era, ma ho scoperto… che era andata così all’interno che ormai non riuscivo neanche più a sfiorarla… Mi sono sentita morire, credimi… All’inizio ero come incantata, non riuscivo a credere a quello che era successo, poi mi è preso il panico, ho iniziato a pensare che la lampadina possa essere risalita fino a chissà dove, e che possa incastrarsi da qualche parte e occludermi l’intestino…”
Ricominciò a piangere. “Non sapevo più che fare… Ho pensato anch’io di andare all’ospedale, ma che vergogna sarebbe… Però poi penso anche che più tempo passa e peggio è, che possano dirmi che dovevo andarci subito… Allora ho pensato a Cinzia, che magari poteva aiutarmi lei…”
Ne sapevo abbastanza. La fermai dicendo: “OK, calma. Rifletti un po’: la lampadina non può risalire fino a chissà dove, sarà comunque ferma nell’ultimo tratto. E il movimento naturale di quello che sta all’interno dell’intestino è verso l’uscita, non viceversa. Quindi vedrai che il movimento stesso delle feci spingerà verso fuori anche quel corpo estraneo.”
“Sì, ma quando? Domani? E io posso restare con questo dubbio atroce fino a domani?”
“Ma no, no… Ascolta, se tu adesso ti siedi sul water, o meglio ancora ti accovacci sul pavimento del bagno e rimani così per un po’ di tempo, senza fretta, rilassata, vedrai che ti verrà naturalmente lo stimolo di espellere la lampadina.”
“Sì, figurati…”
“Ma sì che è così. Devi solo avere pazienza e non avere fretta. Allora, dai, torna a casa, vai in bagno e rimani lì tutto il tempo che serve.”
“No, no! Io non voglio restare sola, ho paura! Devi aiutarmi, non mi lasciare sola!”
Era di nuovo in preda al panico, e mi abbracciò di nuovo. Istintivamente ritirai il mio bacino all’indietro per non far scoprire la mia erezione. Allora dissi:
“OK, allora vai qui nel bagno di casa mia, io ti aspetto qui in soggiorno, così non sarai sola.”
Rimase un po’ titubante, poi facendosi coraggio chiese:
“Puoi venire anche tu nel bagno con me? Stai girato di spalle a me, però mi tieni per mano…”
Non chiedevo di meglio… Cercando di nascondere l’entusiasmo, acconsentii frettolosamente:
“Va bene, se può esserti utile, OK. Però muoviti, dai!”
Andammo in bagno e io mi voltai verso la porta dandole le spalle. Sentii il fruscio dei pantaloni calati giù e percepii che si stava sistemando accovacciata a terra accanto al water. Le suggerii allora, non senza un brivido lungo la schiena, di mettersi in piena libertà, perché i pantaloni abbassati potevano esserle d’impaccio. E lei ascoltò il mio consiglio, togliendoli. Fortuna che ero di schiena, perché se mi scopriva subito un rigonfiamento da record sul mio pantaloncino… Con la coda dell’occhio, complice anche il grande specchio sopra il mobile del bagno, avevo intravisto qualcosa… Porca miseria, si era veramente messa in libertà, si era tolta via anche lo slip…
Passò qualche minuto così. Io le dicevo parole rassicuranti, per rilassarla e convincerla ad avere pazienza, e lei sembrava effettivamente aver ripreso coraggio. Ad un certo punto, la novità:
“Federico, forse ci siamo! Sento qualcosa che… Aspetta, provo a vedere se… Sì, è così, ora la sfioro col dito! Si è riavvicinata all’uscita! Mamma mia, è un miracolo, non ci posso credere!”
“Hai visto, che ti dicevo? Stando in quella posizione la lampadina è scivolata giù naturalmente. Ora spingila fuori, con calma.”
“Eh, no! No! Non voglio rischiare un’altra volta! Anche prima era in questa posizione e non sono riuscita a tirarla fuori, anzi si è cacciata più dentro… Ora devi aiutarmi tu, ti prego!”
“E come?” chiesi fingendo di non capire, sempre più arrapato.
Eccitata dalla speranza inaspettata di vedere vicina la soluzione dei suoi guai, Laura decise di mettere da parte ogni formalismo:
“Scusa, girati pure e guarda se la vedi… e prova se riesci tu con le dita a sfilarla.”
Per poco non mi veniva un infarto. Mi voltai e la vidi a pecorina, a terra, col suo bellissimo culo proteso verso di me, e con la fica nera e pelosissima in bella vista. Mi avvicinai e, obbedendo alla sua richiesta, col cuore in gola le aprii le natiche, per guardare nell’ano. Aveva un buchetto meraviglioso, ben dilatato, anzi chiaramente sfondato, con una forma ovale e un contorno pieno di grinze…
A questo punto non potevo non approfittare, non me lo sarei perdonato mai. Mi insalivai due dita della mano destra e delicatamente gliele infilai nel culo. Arrivato in fondo, sentii la presenza della lampadina.
“Sì, Laura, la sento è qui vicina… Ma non riesco a prenderla così, nemmeno io. Devi spingere tu, come per defecare… Dai, spingi!”
Le sfilai le dita, e con le mani le tenevo le natiche aperte, guardando il buco che si contraeva e dilatava, ogni volta che lei cercava di spingere fuori la lampadina. Ad un certo punto vidi il vetro bianco fare capolino dall’interno del buchetto.
“Dai, Laura, ce l’hai fatta, ormai la intravedo, dai, spingi ancora!”
Lei si rialzò leggermente col busto e dalla posizione a pecorina si riportò accovacciata, ma sempre piegata in avanti e col culo ben proteso. Potevo quindi sempre vedere bene, anche così, il buco del culo. Laura inspirò a fondo e poi spinse più che poteva. Vidi l’ano aprirsi sempre più e sbucare parti sempre più visibili della lampadina. Ce l’aveva quasi fatta, quando si fermò con un’esclamazione di dolore, risucchiando la lampadina all’interno.
“Laura, ma che fai?”
“Ahia, mi fa male assai… Non riesco a farla uscire…”
“Non dire cazzate!” mi arrabbiai. “Spingi e non fare storie. Se l’hai fatta entrare e uscire tante volte, perché non dovresti riuscire a farla passare adesso? Dai!”
Laura ricominciò a spingere fino alla posizione che la lampadina aveva già raggiunto poco prima, poi prese ancora fiato e stringendo i denti spinse ancora. La lampadina passò con la parte più larga attraverso lo sfintere, facendole lanciare un grido strozzato, e uscì fuori completamente cadendo sul palmo della mia mano. Per un attimo vidi il buco del culo di Laura oscenamente aperto, non più ovale ma rotondo, con i bordi rigonfiati… Poi subito si richiuse tornando quasi com’era prima. Che scena!
Sentendosi finalmente liberata dalla lampadina, Laura dimenticò subito il dolore provato e esultò:
“E’ fatta! Mamma mia, non ci posso credere!! Oddio, grazie, Federico, grazie!”
E così dicendo si alzò e così coperta solo di una maglietta, mi abbracciò felice. Io avevo appena appoggiato la lampadina a terra e mi ero alzato a mia volta. Avevo ricambiato l’abbraccio, e questa volta senza tirare indietro il bacino… Il mio cazzo era durissimo e Laura non poteva non sentirlo, ma per in po’ finse ancora di non accorgersene:
“Mamma mia, veramente è la fine di un incubo! Grazie… Se non fosse stato per te… Grazie…”
Approfittando del suo entusiasmo l’abbracciavo stringendola, e sentendomela dolcemente fra le mia braccia. Ma dopo un po’ lei non poteva più far finta di niente, e guardandomi con un sorriso meravigliato disse con finto rimprovero:
“Oh! Ma tu…”
E io, con tono complice:
“Embè, non siamo mica di legno!…”
Lei scoppiò a ridere, e comprese solo allora il mio punto di vista nella vicenda, e quanto dovevo essermi eccitato. Resa esuberante dal sollievo appena provato, non si scandalizzò della mia erezione e mi propose:
“Beh, allora adesso ti lascio solo, così puoi dare libero sfogo ai tuoi bollenti spiriti…”
“Eh no, scusa, non è mica giusto!” risposi io. “In fondo è colpa tua se adesso sono in questo stato… non puoi andartene così! Facciamo così: io mi faccio qua mentre tu mi fai dare qualche altra sbirciatina… Anzi…” aggiunsi abbassando la voce “puoi farti anche tu insieme a me…”
Mentre dicevo queste parole ero eccitatissimo, ma mi accorgevo che anche lei, ora che rilassata dal buon esito della vicenda, ripensava a quanto mi aveva mostrato, si stava eccitando sempre di più. Non potevo non approfittarne! Decisi di rompere gli indugi, e le portai la sua mano sulla mia tuta per farle sentire la durezza del mio cazzo eretto.
“Senti come mi hai fato eccitare? Tutto per aiutarti! Ora come minimo mi masturbo insieme a te… e tu mi fai guardare ancora il tuo meraviglioso culetto…”
Lei palpò il mio cazzo attraverso la tuta, emettendo solo qualche sommesso sospiro, che risultò comunque molto eloquente sulle sue intenzioni…
Poi aggiunse, senza guardarmi, ma con tono molto sensuale:
”Veramente, dovresti essere semmai tu a ricambiarmi il favore, facendomi guardare il tuo culetto…”
Non me lo feci ripetere due volte! Mi girai di spalle e abbassai la tuta, piegandomi leggermente. Nello specchio, di lato, vedevo Laura dietro di me che guardava eccitata il mio culo. A un certo punto aggiunse:
“Però io ti ho fatto vedere anche i particolari…”
Capii dove voleva arrivare, e volentieri l’accontentai, piegandomi di più e aprendo le natiche con le mani. Lei sembrò gradire, e si avvicinò inginocchiandosi dietro di me. Sentii le sue mani sulle natiche, e poi le sue dita sfiorarmi il buchetto. Un altro dito, debitamente insalivato, giocò all’ingresso dell’ano fino a farsi strada all’interno. Trattenni a stento un sospiro di piacere… Un ditino così è una delizia…
“Ma veramente giochi anche tu con degli oggetti qui… dietro?” disse col tono un po’ ingenuo e confidenziale degli adolescenti alla scoperta del sesso, mentre muoveva delicatamente il ditino nel mio culo.
“Beh, qualche volta… Che male c’è? E poi a volte lo faccio anche mentre faccio sesso con Cinzia, e lei non ci trova niente di strano, sai?”
Ero ancora piegato con le natiche aperte, il cazzo durissimo, e il suo dito che mi esplorava…
“E cosa usi…? Chiese con voce tremolante per l’emozione.
“Mah, dipende… Da adolescente ho scoperto che mi piaceva farlo col dito, magari guardandomi allo specchio, poi sono passato a penne, pennarelli, manici di spazzola per capelli…”
“Ah… Effettivamente…” (la voce si fece più maliziosa) “facendo più attenzione… mi sembri abbastanza… dilatato… Senza offesa, eh!”
“No, non ti preoccupare, non mi offendo certo…”
E mentre dicevo questo, non potendo più res****re, mi presi il cazzo in mano e cominciai a masturbarmi piano, gustandomi la sua manipolazione posteriore.
“Non credo proprio che ti sei limitato al manico della spazzola… Ma… qual è stato l’oggetto più grosso che hai usato? Se non sono indiscreta, eh?”
Effettivamente era molto indiscreta! Come potevo elencarle certi particolari imbarazzanti? Ma dalla sua voce e dalle sue domande sentivo che era sempre più arrapata, che mi conveniva assecondare le sue morbose curiosità… Del resto di cosa avrei dovuto vergognarmi, ora che eravamo complici?
“Beh, da ragazzo a un certo punto ho usato anche il pomello della spalliera di una poltrona, a casa dei miei, che aveva una forma ovoidale molto invitante… e quello è stato il salto di qualità…”
Laura estrasse il dito e guardò il mio buco. Dallo specchio a parete del bagno la vedevo inginocchiata dietro di me, guardarmi eccitata il culo aperto. Aveva ormai deciso di lasciarsi andare, e approfittare della confidenza con me e dei miei gusti per provare esperienze che al marito non avrebbe mai potuto chiedere. Si avvicinò con le labbra al mio buchetto e lo baciò teneramente. Poi sentii la sua lingua accarezzarmi deliziosamente l’ano… Uhmm! Intanto una sua mano si spostò dalla natica lungo il mio fianco fino ad impugnare il cazzo, maneggiandolo delicatamente. Staccando la sua bocca solo per un attimo chiese:
“Ma quanto era grosso quel pomello?”
”Mah, forse nella parte più larga arrivava a 3 centimetri di diametro… Ma la prima volta mi ha fatto un male cane! Anche se poi… è stato molto eccitante…”
“E poi, dopo il pomello? Altri oggetti più grossi? Perché ne hai provati di più grossi…”
Che impertinente! Ma come potevo deludere la sua curiosità, se le domande me le faceva fra una leccata e l’altra?
“Sì, beh… i più grossi?… Bottigliette di succo di frutta o di aperitivi… Bicchierini da vodka… Dispenser del dentifricio… Ah, ecco: quella boccetta di profumo…”
E le indicai una boccetta di vetro, ormai vuota, di forma ovoidale, che era su una mensola del bagno. Laura ebbe un fremito:
“Mamma mia, ma quella è proprio grossa, non so neanche se riuscirei a infilarmela io… Allora sì che sei proprio aperto sfondato…”
Anche il suo linguaggio mi faceva chiaramente capire che era arrapatissima. Si alzò in piedi, andò alla vetrinetta, l’aprì, e tirò fuori la boccetta guardandola con un sorriso estasiato.
“Dai, fammi vedere come lo fai!”
“No, no, dai, mi vergogno… e poi arrivo a quella dopo adeguata preparazione…” dissi ammiccando.
E subito aggiunsi:
“Perché invece non mi fai vedere tu, che oggi sei già perfettamente allenata?!”
Un lampo di malizia le passò sugli occhi. Senza dire una parola, raccolse un po’ di saliva sulle dita e la spalmò sulla boccetta. Poi si passò con le dita altra saliva sul culo, e si inginocchiò in una graziosa posizione alla pecorina.
“Mi aiuti?” chiese con voce da vera brigante.
Mi chinai dietro di lei e le presi le natiche per tenerle aperte. Laura portò la boccetta verso l’ano, la posizionò nella direzione corretta, e poi spinse, facendosi strada nel culo. Aveva il viso girato verso di me, e mi guardava con gli occhi socchiusi per la libidine. Dopo un pò di spinte, esperta e aperta com’era, riuscì a far passare la boccetta, che fu risucchiata all’interno.
“Ohhh! Che grossa! Mamma mia! Ohhh!”
E cominciò a muoverla avanti e dietro, senza mai farla uscire completamente, ma arrivando fino a portare la parte più larga all’imbocco dell’ano, per poi inghiottirla tutta di nuovo. Che spettacolo!
“Ohhh… Hai visto come sono sfondata? Mi entra e esce senza problemi!!”
“Oh, sì, che bucona che sei! Quella boccetta arriva almeno a 4 centimetri e mezzo!”
Dopo diversi su e giù, la sfilò completamente, e il suo buco riapparve completamente aperto, in tutto il suo splendore.
Ora potevo sì tentare di soddisfare le mie morbose curiosità:
“E tu? Quali sono stati gli oggetti più grossi che hai usato per… infilarteli dietro?”
“Eh, anch’io da ragazzina ho iniziato con le dita, penne e pennarelli, e… sì anche il manico della spazzola per capelli… Ohhh!” si interruppe con un gemito mentre si infilava di nuovo la boccetta di profumo. Poi continuò, un po’ affannata:
“In tanti anni ho giocato con tante cose… La cosa che a diciassette anni mi ha proprio… sfondata… è stato il manico dell’ombrello, che era di legno, con l’impugnatura che aveva quattro rigonfiamenti tondeggianti… la prima volta ho visto le stelle, ma le altre volte poi dopo… era bellissimo sentirli passare per lo sfintere uno per uno, su e giù…”
“E poi, cos’altro hai usato?” chiesi con voce tremante per l’emozione, mentre non potevo evitare di segarmi.
“Ma cosa vuoi sapere, porcellone?…” disse, voltandosi con la testa e sfoderando un sorriso malizioso e lussurioso. “Sei curioso, eh?”
Intanto la boccetta veniva spinta dentro e fuori dalla sua mano sinistra, mentre la destra aveva cominciato un delizioso ditalino. Ricominciò:
“Ohhh… A volte, quando mamma mi mandava a fare la spesa, compravo anche delle zucchine che poi nascondevo in camera mia, e poi quando potevo le usavo… Le sceglievo con cura, sai?”
“L’esperienza ti aveva insegnato la forma e le dimensioni giuste, eh…?”
“Sììì… E poi una volta mia sorella mi ha anche scoperta… mentre ne nascondevo una… e ha voluto sapere la verità… e poi ha preteso di vedermi mentre lo facevo, minacciandomi di dire tutto alla mamma… E io… l’ho dovuto fare davanti a lei, che si masturbava come una pazza guardandomi… Alla fine siamo venute entrambe urlando come delle vere porche…”
Intanto la boccetta fuoriuscì nuovamente, lasciando vedere ancora il buco sempre più aperto…
Non potevo res****re oltre… Messa fulmineamente un po’ di saliva sulla cappella del mio cazzo durissimo, la inculai decisamente, senza che potesse dire alcunché. Il cazzo entrò ovviamente senza la minima difficoltà, e lei stessa emise un sospiro di piacere senza alcun lamento. La pompai a lungo tenendola per i fianchi, mentre lei si masturbava con foga. Poi lei mi fermò, dicendo che in quella posizione non riusciva a godere.
Mi fece distendere a terra, col cazzo verso l’alto, e si accovacciò sopra di me con il viso verso il mio. Si posizionò sopra il mio cazzo dirigendolo nella giusta direzione e si calò lentamente, prendendolo tutto nel culo, con un gemito di piacere. Poi iniziò a danzare sempre più frenetica, masturbandosi e gemendo forte.
Svelarmi i suoi antichi segreti inconfessabili doveva esserle piaciuto molto. Infatti riprese a raccontare:
“Quand’ero a casa dei miei ho usato spesso anche una torcia elettrica, e qualche volta perfino il manico della racchetta da tennis… ohhh… pensa un po’! Sono proprio sfondata sai?… Ahhh… Poi dopo il matrimonio per un po’ ho smesso, ma recentemente… ohhhh… mi ficco in culo di tutto… ohhh… la cosa più grossa è stata il pomello del cambio della mia macchina… Ohhhh!!…
Capii che era prossima all’orgasmo, si muoveva sempre più scomposta. A un certo punto con un grido più forte annunciò il suo piacere, e dopo un altro paio di forti sobbalzi sul mio cazzo si sfilò continuando a masturbarsi la fica per accompagnare il suo godimento. Un getto di pipì uscì violento dalla sua fica e mi colpì sulla pancia… Era troppo per me!
Con due colpi di mano arrivai anch’io all’orgasmo, che fu intenso e fortissimo. Lei fece in tempo, mentre esauriva il suo piacere, ad abbassarsi verso la mia cappella, per gustare il sapore dei miei schizzi, ma ero così eccitato che i getti le arrivarono, oltre che sul viso, anche sui capelli…
Quando tutto fu finito, ci guardammo scomposti e sfiniti, lei piena di sborra in faccia, e scoppiammo a ridere come bambini. Che dire? Era nata una grande amicizia…

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