Inculata la nuova arrivata!

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Nell’azienda in cui lavoro è arrivata da poco una ragazza in supporto alla contabilità.

Non mi ero mai accorto di lei, persona riservata, timida e probabilmente la stagione invernale non aveva contribuito ad attirare la mia attenzione sulle sue grazie ben nascoste sotto caldi maglioni a collo alto.

Ci parlai per la prima volta l’altro giorno in ascensore, dopo mesi dal suo arrivo. Salivamo entrambi al secondo piano.
Buongiorno, buongiorno!
Non molto alta, sul metro e sessanta, capello castano scuro corto scalato a caschetto, ma particolare, occhi azzurri incorniciati da un bel paio di occhiali viola in tinta con maglia e scarpe, cuffiette rigorosamente alle orecchie.
Ventisette anni al massimo.
Nel silenzio dell’accesa si sente una voce metallica provenire dalle sue cuffiette: “ma dove sei???? ma con chi sei???”
DLIN!

Arrivati.

Lei si fionda verso il suo ufficio e sottovoce sussurra “ma niente niente tesoro, ero in ascensore con altri”.
Dentro di me pensai che maleducata, almeno salutare…
Nelle seguenti settimane non la rividi più. Forse il suo look la rendeva invisibile rispetto alle sue colleghe che ai primi caldi non esitarono a sfoggiare magliette super aderenti e gonne sempre più corte.

Non ero mai l’ultimo ad uscire dall’ufficio, anzi se potevo tagliavo la corda il prima possibile. Era una settimana che oramai vivevo li, la pratica che stavo seguendo aveva consumato ogni mia risorsa..
Venerdì, ultimo giorno di una settimana, bollente in tutti i sensi…alle 18 il clima centralizzato stacca e io mi devo fermare ancora…caldo da non riuscire a concentrarsi! Un indumento per volta conscio di essere da solo in tutto il piano rimasi molto presto in slip e canotta.

Più passava il tempo e più una vocina dentro me mi sussurrava che diavolo ci stessi a fare venerdì sera alle nove e mezza in ufficio. Tra me e me pensavo, per fortuna che non ho nessuno ad aspettarmi a casa…

Un pianto singhiozzato rompe il silenzio tombale dell’ufficio. Un brivido mi corse lungo tutta la spina dorsale.
Cosa faccio adesso?
Decisi di andare a controllare, presi il tagliacarte come eventuale arma di difesa, e mi feci guidare dall’echeggiare della voce lungo il corridoio.

Mi fermai davanti agli uffici della contabilità, spalancai la porta. Di fronte a me la ragazza nuova, quella dell’ascensore.
Tirai un sospiro di sollievo, mentre lei fece un balzo all’indietro dallo spavento.
Vidi il suo viso solcato dalle lacrime cambiare espressione in un sorriso luminoso come il sole dopo la tempesta.
“Che hai da ridere” le dissi, “mi hai fatto prendere un colpo!!!”.
Lei mi indicò, e guardandomi mi resi conto che ero in mutande e maglietta!
“Beh, non c’è nulla di strano le risposi, pensavo di essere solo. Tu piuttosto cosa ci fai qui? Perché stavi piangendo?”
Lei:”Non sono ancora molto brava con la contabilità, devo chiudere alcune fatture e sono indietro.”
“Ed è per questo che piangevi?”
Distolse lo sguardo e arrossì, “no, per cose personali”.
“Va beh” le dissi, “se hai bisogno sai dove trovarmi, vado a mettermi qualcosa addosso”.
Non feci a tempo a percorrere metà corridoio che il pianto rincominciò…tornai indietro, mi sedetti di fianco a lei e accarezzandole le spalle: “puoi confidarti con me”.
Con rabbia:”Il mio ragazzo mi lascia se non gli do il culo, non è che non voglia, ma non ci riesco! Ho paura che mi faccia male”.
Da prima rimasi come uno stoccafisso, incredulo di ciò che avevano udito le mie orecchie, istintivamente la abbracciai forte e le sussurrai “vuol dire che non ti merita”.
Restammo abbracciati a lungo e non so se fosse la vicinanza o altro, ma incominciai a sentirmi eccitato. Neanche il tempo di pensarlo che mi accorgo che la tega era spuntata fuori dagli slip, e non ero l’unico ad aver fatto tale scoperta…
Contrariamente ad ogni aspettativa e paura di figuracce sentii la sua mano scivolare dalla punta giù verso la base del mio cazzo oramai duro come il marmo e giù fino alle palle afferrandomele con la sua minuta mano.
Resto immobile non so come reagire.
Poi un suo sguardo mi invita seguito dal rossore.

Iniziai a baciarla sul collo.
Mentre si muoveva in modo sensuale sotto gli effetti di miei baci iniziai a palparle i seni avvolti in quel top così provocante.

Mi alza la maglietta e mi bacia sulla pancia scendendo con delicatezza fino a raggiungere la punta.
Con le labbra più morbide che abbia mai sentito sento il mio cazzo avvolto in una carezza continua, avvolgente.

La mia mano sinistra non aveva perso tempo e un po’ alla volta si fece strada tra le sue natiche fino alla fika.
Non feci fatica a capire che ero arrivato…i suoi umori avevano già bagnato le sue mutandine.
Mentre ci stavamo masturbando a vicenda il mio pensiero non poteva ignorare le parole di qualche istante prima e senza che me ne potessi accorgere le mie dita iniziarono movimenti circolari sempre più ampi dalle grandi labbra al clitoride sempre più larghi fino a raggiungere il suo ano.
Notando nessuna resistenza continuai, iniziando a fare sempre più pressione, fino a che la forza non fu tale da vincere la costrizione dei muscoli sfinterici e mi trovai il pollice tutto dentro nel suo culo.
In un sussulto mi prese la mano e tirandola via mi disse “non li ti prego”.
La afferrai per i fianchi e la misi a gambe aperte sopra di me.
Con un movimento sinuoso del bacino si struscia la mia cappella sulla sua spaccatura fino a che stanco di questi giochetti la aprii afferrandola per le due mezze lune sodissime facendo entrare la punta del mio uccello nella figa.
“Piano” mi sussurrò “c’è l’hai un po’ grande per la mia farfallina.
Ero tutto un eccitazione e oramai non c’è la facevo più ad aspettare, la presi per i fianchi e la spinsi giù con forza, fino a che non la sentii arrivare alla base dell’uccello.
Con un grido soffocato da un gemito mi disse “ti prego fammi godere!”
Non me lo feci ripetere.
Iniziai a stantuffarla con una tale foga…la stringevo per i fianchi facendola andare su e giù. Sentivo il suo venire sul mio pene poi un grido di piacere mentre sento stritolarmi il cazzo.
Le strappo di dosso il top facendo rimbalzare fuori la sua seconda abbondante…un invito al palpeggio.
Mi alzai e tenendola in braccio ancora uniti la adagiai delicatamente su di un fianco sopra la scrivania.
La visuale era idilliaca, non mi ero mai accorto del suo fisichetto niente male.
Le mie mani erano ovunque…che scopata.

Mentre continuavo a darle dentro la mia attenzione viene catturata da un porta sigaro in acciaio, qualche centimetro più in la.
Lo presi e con l’aiuto di un po’ di saliva, senza che se ne accorgesse glielo appoggia sull’anno.
Ad ogni mia spinta pigiavo anche sul portasigari, fino a farlo entrare tutto.
Stupito, ma anche non troppo del fatto che non si fosse accorta di nulla continuai a penetrarla in entrambi i buchetti.
Mi fermai, lei mi guardo come per dire perché?
“Vuoi sentire una cosa le dissi?
Con la testa annui.
In un solo movimento estrassi il mio pisello dalla figa e il portasigari dal culo ed infilai il mio pene nell’ano dilatatosi fino ad accoglier metà del mio cazzo.

A bocca aperta, senza parole, con la voce di chi non sa se era più il piacere o il dolore mi implorò di toglierlo.
Con un gesto le feci capire di fare silenzio e rilassarsi.
Con la mano iniziai a massaggiarle il clitoride mentre con grazia le davo da dietro.
Nelle prime quattro cinque penetrazioni sentii resistenza e smorfie di dolore, le successive puro godimento per entrambi.
Un esplosione di piacere mi pervase e nell’ultima penetrazione gli venni nel culo nel profondo delle sue viscere con tutto il mio cazzo nel culo.

Qualche secondo dopo che l’avevo in ondata di sperma iniziò lei a muoversi, auto penetrandosi con il mio pene ancora nel suo culo fino a raggiungere l’orgasmo.

Era oramai mezzanotte, ci rivestimmo ci salutammo.
“Non era poi così difficile prenderlo in culo allora” mi disse lei.
Le risposi: “Beh vuol dire che ora puoi scegliere se vuoi tornare dal tuo moroso e dargli la soddisfazione di prenderti ciò che ti ha chiesto, oppure…”

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