Asia alla * POMPA° di benzina

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Parcheggio vicino alla colonnina del Servito e attendo che il benzinaio venga a farmi il pieno. Non sono molto brava con questo genere di pompe. Magari con altre ci so più fare, – hihihi – ma pistole e tubi da benzina non fanno per me.
Dalla porta del gabbiotto esce un ragazzo nero, alto e magro, che posa subito gli occhi sullo stacco coscia che spunta dalla minigonna vertiginosa che indosso. Il ragazzo aumenta il passo e mi si avvicina. “Prego.”
“Mi fai il pieno, per favore.” gli chiedo sorridendogli e sbattendo le lunghe ciglia.
Afferra le chiavi e armeggia con tappo e pistola. I suoi occhi non smettono di correre lungo il mio corpo sinuoso.
La mia mente freme, immagina quale grosso attrezzo si celi sotto la tuta da benzinaio. Non mi sembra il caso di farmi scappare un’occasione del genere. Faccio un passo verso di lui e inizio a flirtare facendogli domande banali sul tempo e sul lavoro. Uso il mio tono più mellifluo e suadente. Lui mi segue ma capisce che c’è molto di più oltre le parole scontate.
Quando termina il rifornimento ci dobbiamo spostare all’interno per pagare e per caricare i punti sulla tessera ma prima che lui riesca a muovere un passo io gli sono talmente vicina che non può fare a meno di urtarmi. Mi mette le mani sulle spalle e io gliele metto sulle palle.
Sento quello che avevo immaginato farsi grosso, molto grosso.
Lui è imbarazzato. “Ma signora…” mi dice a con la voce rotta.
“Non hai un posticino per stare soli?” gli chiedo strizzando quello che fatica a starmi in mano.
Lui s’irrigidisce, e non solo laggiù, guarda il gabbiotto. Vedo il suo cervello frullare per scovare un angolo in cui infrattarci e divertirci senza timore.
“C’è la stanzetta dietro al bancone.” dice.
“Perfetto. Andiamo.”
Il ragazzo è ligio al dovere. Mi fa spostare l’auto, chiude la stazione e inserisce il self-service notturno. Immagino non voglia perdere il posto di lavoro per una scopata, anche se so già che sarà una grande scopata.

La stanzetta è piccola, ma ci si può divertire comodamente. C’è un divanetto a due posti, un tavolo e un mobile con un forno a micoronde.
Appena dentro mi getto sul suo corpo senza ritegno. M’inginocchio davanti al suo sesso e lavoro con la zip della tuta per far spuntare l’oggetto del mio desiderio. Appena fa capolino capisco che questa sarà senz altro una serata memorabile. Rimango esterrefatta dalla dimensione di quella nerchia nera. Diciamo che di cazzi sono abbastanza esperta, ma come quella, mai vista una.
È lunga quasi come il mio avambraccio e a stento riesco a cingerla con la mano. La cappella luccica scura davanti ai miei occhi e mi lancio con voracità su quella maestosa bestia. Devo spalancare la bocca per farne entrare solo una piccola parte. Faccio correre la lingua intorno al glande, ne esploro ogni più recondita ruga. Pompo e succhio, – e qui sì che ci so fare – con la mano mi aiuto a portare alla massima erezione quel fallo enorme.
Mi sento eccitata come non mai. Potrei continuare a spompinarlo per ore e ore fino a farmi riempire la pancia di sborra, ma il desiderio di averlo dentro di me è troppo grande. Lo ciuccio solo quanto basta per portarlo al fulgore del suo vigore.
Il ragazzo mugola e mi tiene la testa. Gli piace come lo sto lavorando. Lo vedo dal basso. Ha gli occhi chiusi e la bocca aperta. Sussurra qualche parola nella sua lingua.
Gli stringo le palle, grosse e gonfie di piacere. Chissà quante altre troie come me ti sei scopato, penso mentre gli mordicchio la cappella. E chissà come le hai fatte urlare di dolore prima e di piacere poi.
Voglio che tu faccia lo stesso con me, stasera. Voglio che mi spacchi in due e che mi mandi in paradiso con la tua grossa bestia nera.
Lo sento duro e gonfio contro il mio palato. È il momento di accoglierlo dentro di me.
Mi stacco da lui e mi sollevo.
“Ti voglio dentro.” gli dico mentre mi sfilo le mutandine e mi sollevo la gonna.
Lui vede il mio uccello dritto e si blocca. Non si aspettava di trovare la sorpresina. Non gli ho dato il tempo per approfondire.
“Ma lei è un…?!?!” chiede balbettando.
“Sì.” gli rispondo, “ma per te sono solo la tua troia.”
Mi appoggio al tavolo e divarico le natiche invitandolo a prendere possesso del mio fiorellino. Dalla borsa tolgo il lubrificante, so che ne avrò molto bisogno. Ne verso una buona quantità sul cazzone e faccio lo stesso con il mio povero ano, che a breve riceverà quel serpente di ebano.
I tacchi portano il mio buco al livello del bacino del ragazzo aiutandolo così a presentarsi alla mia porta. Ecco, lo sento appoggiarsi, sento la cappella sfregare contro il buchetto. Lo rilasso e spingo il bacino verso di lui. Il negro fa lo stesso e il mio culo si apre. Non sono una verginella, ma questa minchia è davvero di una dimensione impressionante. La sento farsi strada dentro di me, mozzarmi il fiato. Il dolore si allarga fino alle ginocchia, solo l’arpione nero impedisce che cada a terra.
Piano piano però il dolore lascia posto al piacere. Il ragazzo sa come usare il suo attrezzo. Spinge ma senza violenza, entra fin dove deve senza forzare troppo e io comincio a godere come una cagnetta. Ho l’uccello dritto come non mai, penso che verrò senza nemmeno toccarmi.
Con mia somma sorpresa la sua lunga mano nera afferra il mio cazzo rigido e inizia a masturbarmi mentre mi scopa il culo. Sono al massimo dell’estasi. Mi manca solo un’altra nerchia in bocca e poi sarei la vacca più felice dell’universo.
Da dietro mi fotte e da davanti mi sega. Io urlo parole sconnesse, lui geme in una lingua straniera. Sento che l’orgasmo sta per esplodere dai miei coglioni sovreccitati. Avviso il mio compagno e lui intensifica il suo lavoro sul mio culo e sul mio cazzo.
Nel momento in cui i primi schizzi cominciano a fuoriuscire dal mio glande sento anche il suo caldo seme colpire il mio intestino e in un urlo liberatorio veniamo contemporaneamente. Il suo moto si affievolisce e io mi devo stringere al tavolo per non cadere. Ansimiamo affannati.
Mentre si sfila da me un rivolo di sborra scende lungo le mie cosce. Mi giro verso di lui e mi tuffo sul suo cazzo che si sta ammosciando. Non voglio sprecare nemmeno una goccia di quel nettare afrodisiaco e voglio sentire il suo sapore insieme al mio.
Il ragazzo si lascia cadere sul divanetto, stremato. Io mi metto tra le sue ginocchia e lecco quella grossa asta di carne che sta ripiegando su se stessa.
Spero che per lui non sia finità qui perché a me sta salendo una fregola vertiginosa e una scopata sola non mi basta per questa notte. E non so nemmeno se mi accontenterò di altre dimensioni inferiori, d’ora in poi.

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