1 L’incontro
Le mie mani scivolarono in giù lungo le cosce lisce di Marco ed alzai le sue gambe sopra le mie spalle. Feci passare una mano sul buco del culo e l’inguine rasato per prendere l’asta del suo cazzo senza peli, gli diedi alcuni colpi rapidi. Marco chiuse i vibranti occhi blu e gemette di piacere. L’altra mia mano posizionò il mio uccello contro il suo ano ben unto e mi piegai in avanti per baciare rapidamente il suo torace. Quando sentii il suo ano rilassarsi leggermente, scivolai dentro di lui. I suoi occhi si spalancarono mentre grugniva di dolore.
Dannazione, pensai. Ancora troppo presto. Odiavo fargli male, l’amavo troppo. Marco odiava il dolore, specialmente mentre facevamo l’amore.
"Mi spiace amore mio" Gli dissi.
Marco mi carezzò la guancia e mi fece passare una mano tra i lunghi capelli, scendendo al torace, al capezzolo sinistro. Sapevo quello che stava per accadere e mi fermai mentre lui mi prendeva il capezzolo e lo torceva bruscamente. Guaii piano (non puoi fare rumore quando sei in una stanza di una pensione) ed alzai una mano per strofinarmi la tetta.
"Ti ho fatto molto male?" Bisbigliai.
"Non moltissimo." Bisbigliò lui strofinandomi la tetta offesa, poi prese la mia mano per baciarla. "Solo un piccolo promemoria."
Spinsi delicatamente un poco più di me dentro di lui e lo sentii tendersi e poi rilassarsi. Vidi i suoi occhi chiudersi per il piacere mentre continuavo a carezzargli l’uccello. Marco amava fare l’amore lentamente e delicatamente così io non avevo fretta mentre facevo scivolare altri due centimetri dei miei 18 di verga nel suo culo. Sembrava rilassato così presi delicatamente la sua vita e lo tirai ulteriormente sopra di me. Lui abbassò le gambe, avvolse le caviglie dietro alla mia schiena ed io capii che era pronto. Le sue gambe mi tirarono dentro di lui mentre io tiravo indietro la sua vita e seppellivo improvvisamente il mio cazzo sino alle alle palle nel suo ano. Agevolmente e lentamente cominciai a pompare.
Ero al liceo quando avevo scoperto, piuttosto improvvisamente, di essere gay. Questa è la storia di quella scoperta. Ma prima è necessario mettere lo sfondo al palcoscenico.
Mio padre era un pilota dell’Aeronautica militare ed eravamo all’estero quando mia madre morì ed io avevo appena compiuto 12 anni. Mio padre scoprì improvvisamente che ora era madre e padre di un adolescente e non solo un pilota. Come tutto quello che faceva si gettò a peso morto sulle responsabilità. Passammo molto tempo a giocare a calcio ed a pallacanestro finché non iniziai ad essere insubordinato. Papà sopportò il mio atteggiamento per circa sei mesi e poi decise che avevo bisogno di più disciplina così mi portò dal parrucchiere a radermi la testa. Passai in un minuto dai capelli lunghi sino alle spalle che mia madre ed io amavamo ad una testa rasata . Io ero così arrabbiato che smisi di parlargli.
Le cose cambiarono tra noi il giorno che la moglie del comandante di squadrone venne a prendermi a scuola a mezzogiorno. La cattiva sensazione peggiorò quando andammo a casa sua ed incontrai il comandante di squadrone, un cappellano ed una infermiera. Non sentii quello che mi dicevano, che l’aereo di papà era caduto in mare e che lo stavano cercando, tutto quello che potevo pensare era che non gli avevo detto una parola per un mese, eccetto un ciao quella mattina.
Per tre giorni fui la creatura umana più misera del pianeta. La colpa che sentivo di non aver parlato a papà combatteva col dolore. La sera del terzo giorno il telefono suonò ed il mio cuore sprofondò. La moglie del comandante di squadrone rispose al telefono ed io la guardai per comprendere di cosa si trattava prima che parlasse. Lei scoppiò in un enorme sorriso e fu come se il sole sorgesse. Sbattè giù il telefono e mentre correva alla porta mi disse che un elicottero stava portando papà all’ospedale. Da quel momento papà ed io diventammo seri sui problemi padre-figlio, io cambiai il mio atteggiamento ed anche lui, da allora non abbiamo più litigato, abbiamo avuto molte discussioni, ma mai litigato. Lui sorvolò anche sui piccoli problemi, fu presente quando mi forai l’orecchio, anche se potevo vedere che digrignava i denti e non commentò mai il fatto che non mi tagliavo i capelli.
Si fece assegnare un servizio a terra in modo da non essere trasferito frequentemente ed io potessi frequentare lo stesso liceo dall’inizio alla fine. Selezionò attentamente il liceo che voleva che frequentassi e che avesse una squadra di calcio e di basket. Quando mia mamma era malata avevo smesso per un po’ di andare a scuola e fui costretto a ripetere la classe. Questo accoppiato ad un altro anno ripetuto mi facevano essere di conseguenza più alto e più sviluppato della maggior parte dei miei compagni. Speravo che la maturità e la dimensione avrebbero giocato a mio vantaggio. Mia mamma era stata molto alta, mio papà tendeva ad essere tarchiato ed io ero una via di mezzo. Prima ero aumentato in altezza, mi avevano poi riempito di cibo per tentare di riempire la cornice e la cosa funzionò notevolmente bene. Quando iniziarono le lezioni ero un ragazzo ben piantato.
Ci presentammo a scuola in agosto quando cominciava la stagione di calcio così fui in grado di provare per la squadra. La mia altezza e gli insegnamenti di calcio di mio papà mi permisero di entrare facilmente in squadra come riserva del centrale. Dopo il primo trimestre il titolare andò in un’altra scuola ed io entrai in prima squadra, papà quasi scoppiava dalla gioia.
Il primo giorno di scuola non fu male, mi presentai, fui presentato come centrale di riserva della squadra di calcio e vidi Marco a pranzo per la prima volta.
Andai a prendere il mio cibo e poi guardai in mensa, non conoscevo un’anima così mi sedetti ad un tavolo quasi vuoto per lavorare la montagna di cibo che le signore di servizio avevano accumulato nel mio piatto. Mentre mangiavo avevo la sensazione di essere guardato e furtivamente mi guardai intorno per vedere chi lo stava facendo. Sorpresi gli occhi di un ragazzo con capelli rossi e brillanti occhi blu che mi guardavano. Lui abbassò rapidamente lo sguardo al piatto. Ero abituato ad essere guardato, in un’epoca di capelli a spazzola e teste rasate completamente o parzialmente, io ero un’eccezione con i capelli castani che arrivavano 5 centimetri sotto le scapole. Siccome non li tagliavo da anni sembravano sempre piuttosto arruffati. Papà lo tollerava ma lo vedevo farsi piccolo ogni volta che li raccoglievo in una coda di cavallo. Lo facevo fortunatamente per lui solamente quando giocavo a calcio o a basket, il resto del tempo li lasciavo sciolti. Ritornai al mio cibo ma poi tornai rapidamente a guardarlo. Lui mi stava fissando e stava toccando la treccia più lunga che avessi mai visto in un maschio. L’aveva tirata sulla spalla e la stava carezzandola delicatamente. Era così lunga che non ne potevo vedere la fine perché la tavola la nascondeva. Il ragazzo arrossì quando capì che lo avevo sorpreso a guardarmi, finì e se ne andò con la treccia ondeggiante. Io tornai rapidamente al mio cibo mentre cose strane stavano succedendo sotto la mia cintura. Giocherellai col mio cibo finché tutto ritornò alle sue dimensioni normali e poi andai alla lezione seguente stordito e confuso per la mia reazione.
Il giorno seguente lo cercai dopo aver preso il cibo, ma appena lui incontrò i miei occhi, si alzò e se ne andò. Non lo vidi per due settimane perché la scuola ed il calcio mi stavano occupando.
Vincemmo comodamente la prima partita di calcio, all’inizio del secondo tempo stavamo vincendo 4 a zero ed io entrai e segnai. Papà aveva perso gran parte della partita ma ne vide l’ultima parte e penso di non averlo mai visto così orgoglioso di me, non aggrottò le ciglia neanche quando entrai in macchina dopo la partita coi capelli raccolti in una coda di cavallo bagnata e passando metà del tempo del viaggio verso casa tentando di mettermi gli orecchini al buio. Parlava solo di calcio.
La mia posizione aumentò immediatamente a scuola e la maggior parte delle ragazze mi faceva la corte. Io naturalmente ero disponibile, avevo un po’ di notorietà ed avevo un bell’aspetto, ma ero un “novizio”. Nessuna ragazza nella scuola, specialmente nessuna nella mia classe osava essere vista con qualcuno che non fosse “esperto”. La soluzione ovvia era per ogni donna della scuola di ignorare la mia esistenza. Fui sorpreso nello scoprire che la cosa non mi preoccupava ed ero un po’ deluso nel cercare ogni giorno a pranzo il ragazzo con la treccia e di non vederlo mai.
Nella terza settimana di scuola avevamo la prova di educazione fisica obbligatoria. Non fu un problema per me finché non arrivammo alla piscina, dovevamo nuotare solo quattro vasche per superare la prova. Sfortunatamente finii nella parte più profonda della piscina, riuscii a tirarmi fuori ansando e soffocando e mi trovai gocciolante davanti all’insegnante che mi chiedeva perché ero saltato in piscina quando sapevo di non saper nuotare. Decise che avrei terminato l’allenamento di calcio 15 minuti prima e sarei andato a lezione di nuoto. Mi dissero che che uno dei nuotatori più veloci della regione sarebbe stato il mio insegnante.. La squadra di nuoto stava finendo quando entrai, stavo guardando un paio di ragazze che facevano tuffi quando una voce dietro di me disse: "Tu sei Brian?"
Mi voltai e vidi un ragazzo alto con profondi occhi blu, sapevo di averlo già visto in qualche luogo, ma non riuscivo a ricordare finché lui non si tolse la cuffia dalla sua testa ed i brillanti capelli rossi precipitarono bagnati sino alla vita.
"Io sono Marco, il tuo insegnante di nuoto. Cominciamo dalle basi", disse e mi lanciò un rapido sorriso. Il mio cuore sembrò mettersi a correre, ma io riuscii a dire qualche cosa di simpatico.
"Mmm… Pronto quando tu lo sei."
Marco era un nuotatore veloce, avrebbe potuto essere anche più veloce ma tutti quei capelli piegati sotto la cuffia probabilmente lo rallentavano un po’. Mi disse che raggiungere il vertice voleva dire lavorare forte e lavorare sodo non faceva male a nessuno. Come me, lui era più vecchio dei nostri compagni di classe. A quattro anni era stato coinvolto in un incidente automobilistico che quasi l’aveva ucciso. I dottori avevano giurato che non sarebbe più riuscito a camminare. Non sapevano come spiegarlo ad un bambino di quattro anni, i suoi genitori l’avevano avviato al nuoto come parte della terapia. Lui strisciava dalla sedia a rotelle alla piscina e nuotava finché qualcuno non lo trascinava fuori ore più tardi. Aveva otto anni quando i dottori gli permisero di frequentare la prima elementare. Il suo recupero proseguiva e quando cominciò ad andare a scuola riuscì ad attraversare la porta. Non camminava bene, ma camminava. Ma nuotare era divenuto la sua vita. Sulla terra era goffo, nell’acqua era troppo aggraziato.
La mia prima lezione di nuoto con Marco fu quella che mi diede la prima indicazione di essere gay. Lui doveva sostenermi nell’acqua mentre mi insegnava come stare a galla ed il tocco delle sue mani spediva brividi lungo la mia spina dorsale. Mi teneva le mani mentre imparavo a muovere i piedi e mi trascinava intorno al lato poco profondo della piscina. Ebbi un’erezione per la maggior parte della lezione ed ero così imbarazzato che rimasi in piscina anche nell’intervallo. Poco prima che finisse il primo giorno, mi fece saltare nell’acqua profonda per vedere come me la cavavo. Saltai il più vicino a lui e mentre affondavo stesi la mano per sostenermi. La mano strisciò lungo il suo torace e, passato il suo inguine, sentii la sua erezione attraverso il costume sottile. Lui mi tirò in superficie e mentre ansavo e mi sostenevo a lui, feci correre di nuovo la mano sul suo inguine (come se fosse accidentale). Marco mi fece girare e mi trascinò verso il bordo della piscina dove mi fece fare alcuni altri esercizi. Ancora una volta mi aiutò sostenendomi e questa volta la sua mano strisciò contro la mia erezione. Mi rivolse un rapido sorriso colpevole, poi arrossì di un brillante cremisi…
"Per oggi la lezione è finita", balbettò. "Ci vediamo domani." Uscì dalla piscina e si diresse verso lo spogliatoio. Mi ci volle un po’ di tempo per riprendere il controllo e seguirlo.
Per quel trimestre non avevamo lezioni in comune e quindi lo vidi solo durante le nostre lezioni di nuoto. Dopo la prima lezione c’erano sempre molte persone intorno così io non ebbi mai molta opportunità di conoscerlo meglio.
Venerdì sera c’era la partita di calcio, io non giocai nel primo tempo e diedi un’occhiata alle tribune per vedere se c’era Marco. Lo vidi e lui mi fece segno con una mano ma la partita stava entrando nel vivo ed era necessaria tutta la mia attenzione. Le cose non andavano benissimo comunque entrai nel secondo tempo e feci una prestazione abbastanza buona. Finita la partita, poiché papà era fuori città, rimasi per un po’, prima di andare sotto la doccia, nel tentativo di stirarmi i capelli, poi occorse un’altra mezz’ora per asciugarli e pettinarli. Ero solo quando lasciai lo spogliatoio. Gettai uno sguardo fuori, pioveva a dirotto e stavo pensando alla camminata di un chilometro sotto il diluvio quando una macchina si fermò davanti alla porta.
Marco abbassò il vetro del finestrino e disse: "Hai bisogno di un passaggio, marinaio?"
Mentre entravo in macchina mi chiese se volevo fermarmi per una pizza lungo la strada di casa. Dissi che ero stanchissimo e mi faceva male un colpo che avevo ricevuto. Arrivati davanti a casa Marco mi disse che sembrava molto buia, dissi che papà era fuori città per alcuni giorni ed ero solo: gli dissi anche che i miei grandi progetti per il fine settimana erano passare dal letto al soggiorno fino a lunedì pregando che il dolore mi passasse. Marco mi guardò e disse timidamente con voce roca che anche i suoi genitori erano fuori città ad una convention medica e che anche lui era solo, disse anche che aveva una piscina coperta a casa sua ed una vasca calda.
Sentii che mi diventava duro e mi chiesi se lui stesse sentendo lo stesso quando disse: "Ho passato molto tempo ricoverato in ospedale e so come ci si sente bene in una vasca calda quando si ha male ai muscoli. Ho imparato anche come massaggiare i muscoli doloranti e cacciare via il male."
Non mi guardava mentre lo diceva, la sua voce aveva un che di ansioso ed una nota di speranza. Capii che ero arrivato ad un bivio e dovevo decidere da che parte andare. Sapevo che presa una strada non vi sarebbe stato ritorno. Mi chiesi se anche Marco si trovava allo stesso bivio.
"Vasca calda e massaggio, mi sembra grande" Gli dissi.
Lui mi sorrise a me e fece una conversione con la macchina.
Marco viveva circa a tre chilometri da casa mia in quella che era nota come la "parte ricca" della città. Vidi che la casa era enorme quando ci passammo di fianco per andare in garage. La stanza di Marco era appena fuori dal garage in un’ala privata che includeva la sua stanza, uno studio, una piccola stanza di allenamento, il suo bagno, la piscina coperta e la vasca calda. Mi portò in piscina ed indicò la vasca calda.
"Entra, io vado a cambiarmi", mi disse dirigendosi di nuovo verso la stanza.
Io mi tolsi velocemente i vestiti e li appesi su un gancio. Pensai di tenermi le mutande ma così avrei dovuto indossarle bagnate per tornare a casa. Me le tolsi ed entrai nella vasca. L’acqua calda era eccezionale sui miei muscoli stanchi quando mi sdraiai nella vasca. C’erano un paio di pulsanti al mio fianco ed io li pigia finché non feci partire il getto. I getti di acqua calda stavano cominciando a diminuire l’indolenzimento della mia schiena quando Marco rientrò con un accappatoio. In mano aveva una bottiglia di brandy e due bicchieri. Riempì un bicchiere e me lo diede, si mise sul bordo della vasca e lasciò cadere l’accappatoio. Quasi il brandy mi soffocò.
La brillante treccia rossa e la sua rossastra e rada barbetta a punta erano gli unici peli sul suo corpo. Era raso dal collo in giù. Sapevo che si radeva il torace e le gambe come la maggior parte dei nuotatori, ma l’inguine raso ed il culo liscio riportarono alla massima estensione la mia erezione. Feci correre una mano nel cespuglio che mi copriva il cazzo e tra la massa di peli del torace. Un vero contrasto ho pensato tra di me mentre lui entrava nella vasca e si sedeva accanto a me.
Centellinò il suo brandy per alcuni minuti poi mi disse di sedermi di fronte a lui, lo feci ed il getto d’acqua mi massaggiò la schiena, Marco prese una gamba delle mie e cominciò a massaggiare i muscoli del polpaccio.
"I muscoli delle gambe fanno sempre maledettamente male dopo un allenamento." Spiegò mentre mi modellava i muscoli. Modellò il polpaccio e poi mi tirò vicino per cominciare con le cosce. Chiacchierammo del calcio e di quello che stava succedendo a scuola mentre io tentavo di evitare di pensare a quello che stavo provando. Marco massaggiò risalendo la coscia verso l’inguine ed il membro gonfio. Più le mani si avvicinavano e più la mia erezione diventava dura ed il mio torace si contraeva. La sua mano finalmente strisciò sul mio uccello duro e la spostò velocemente; arrossì ed esitò per vedere se stavo per attaccarlo. Io ero confuso ed impaurito. Avrei potuto uscire dalla vasca ed incamminarmi sotto la pioggia o avrei potuto seguire il corso dei miei sentimenti. Esitai, Marco mi stava mettendo alla prova? Se avevo ragione e non avessi fatto niente probabilmente avrei perso un’opportunità unica. Con lo stomaco in tumulto allungai una mano a toccare la sua coscia, avrei potuto dire che era un incidente se si fosse lagnato. Lui chiuse gli occhi e respirò profondamente. Quando riaprì gli occhi erano pieni della speranza e paura ed io mi chiesi se fosse come mi sembrava di vedere. Gli occhi di Marco assunsero un’espressione improvvisa di determinazione, tolse delicatamente la mia mano dalla sua coscia, la trasportò al suo inguine e la mise sulla sua erezione. Allungò l’altra mano sott’acqua per toccare leggermente il mio uccello e questa volta la mano si fermò. Io respirai profondamente, avvolsi le mie gambe intorno a lui, lo tirai verso di me e lo baciai sulle labbra. Dopo un momento di esitazione lui aprì la bocca e lo baciai profondamente come non avevo mai baciato una ragazza. Lui rispose immediatamente schiacciando la bocca sulla mia e strisciando il suo inguine contro il mio uccello. Lo presi e lo feci sdraiare e sempre baciandolo portai la mano al suo inguine, lo strofinai e mi sembrò di carta smerigliata. Mi tirai via e risi.
"Cosa c’è? Cosa c’è? " lui balbettò imbarazzato.
"Nulla" Gli dissi: “Ho solo notato che il tuo inguine sembra una guancia alle 5 del pomeriggio.”
Lui rise e poi riprese a spingere le labbra sulla mia faccia. Rotolammo nella vasca facendo traboccare l’acqua finché lui non fu sopra di me con le braccio intorno al mio corpo e muovendo il torso in modo che i nostri uccelli strofinassero l’uno contro l’altro e contro le nostre pance. Marco si abbassò per baciare i miei capezzoli ed io spinsi una mano tra di noi per afferrare ambedue i nostri cazzi e cominciare ad accarezzarli. L’attività divenne più frenetica quando afferrai il culo di Marco e schiacciai la sua pelvi contro la mia. Ci prosciugammo (per così dire) mentre ci baciavamo ognuno sulla bocca dell’altro ed esploravamo l’altro con la lingua e le mani. Sentii i miei interni contrarsi mentre il mio corpo reagiva alla nostra libidine. Il mio respiro divenne un rantolo e la ferocia del mio movimento contro Marco divenne selvaggio. Lui rispose accelerando i suoi movimenti e sbattendo la sua lingua nella mia gola. La mia schiena si inarcò mentre l’orgasmo mi prendeva. Mi agitai violentemente mentre lo sperma caldo saliva come un razzo dal mio uccello nell’acqua tra di noi, spasmo dopo spasmo. L’anelito di Marco si trasformò in un lamento mentre il mio movimento contro il suo corpo provocò la sua liberazione. Lo strinsi ermeticamente mentre lui pulsava contro di me. Sentii il suo uccello gonfiarsi e sentii il suo sperma sprizzare contro il mio addome. Dopo molti altri spasmi crollò contro di me con un enorme sospiro. Continuai a tenerlo stretto a me, la mia mente e mio corpo barcollavano nella forza dell’orgasmo, non ne avevo mai avuto uno così forte e restai debole. Ci stringemmo l’uno all’altro per un altro minuto senza dire o fare niente, assaporando solo l’essere uno nelle braccia dell’altro. Alla fine Marco si tirò su e mi guardò.
"Wow!" disse e crollò di nuovo nelle mie braccia.