Avevo compiuto da poco 16 anni ed abitavo da qualche anno solo con mia madre Lucia, che si era separata da mio padre qualche anno prima. Nell’appartamento sotto al nostro, abitava mia zia Marta, sorella di mia madre, una bella donna bionda di 38 anni che, non saprei dire perché, non si era mai sposata. Anche mia madre, sebbene avesse tre anni di più della zia, era una bella quarantenne mora e con un bel fisico, che tra l’altro si teneva molto in forma andando spesso in palestra e facendo footing.
Io mi sentivo un po’ l’uomo di casa, anzi delle due case, visto che ero coccolato come figlio unico e unico nipote da mamma e zia. Ero moro, con capelli lunghi un po’ mossi e carnagione scura olivastra, ed avevo, diciamo pure, un bel fisico. Ero abbastanza sviluppato per la mia età, anche dal punto di vista sessuale, con un bel cazzo non molto lungo ma abbastanza “robusto”, che generalmente stava coperto dalla pelle del prepuzio, ed era coronato da un folto ciuffo di peli nerissimi e, negli spogliatoi della scuola calcio che frequentavo, facevo la mia buona figura rispetto a molti coetanei che avevano ancora cazzetti piccoli e con pochi peli da adolescenti. Facevo molto sport e con le ragazze incontravo abbastanza, ma fino ad allora avevo avuto solo qualche storia breve e superficiale, senza avere mai avuto rapporti sessuali veri e propri, se si esclude una ragazza che avevo conosciuto al mare l’estate prima e che, nel breve periodo in cui siamo stati insieme, mi aveva fatto un paio di seghe al termine di altrettante pomiciate in spiaggia di notte. In compenso, questo genere di intrattenimento, le “seghe”, appunto, era da me molto frequentemente praticato, diciamo almeno un paio di volte al giorno, o anche più, e bastava poco per eccitarmi e farmelo venire duro, come – credo – a tutti i ragazzi di quell’età.
Capitò che una sera fui preso da un fortissimo mal di pancia, con dolori acuti che mi facevano stare piegato in due. Mia madre e mia zia si impressionarono e mi caricarono in macchina portandomi al pronto soccorso del vicino presidio ospedaliero. In breve mi diagnosticarono un’appendicite con sospetto che potesse degenerare in peritonite e mi operarono d’urgenza. Non ricordo molto della fase “prima” dell’operazione, solo un infermiere che, mentre ero sdraiato su una barella, mi slacciava e sfilava pantaloni e mutande, ma stavo troppo male per pensare al senso del pudore, poi vidi solo delle luci molto forti, un siringa nel braccio, poi…. nulla.
Iniziai a risvegliarmi, non sapendo quanto tempo era passato. Ero steso su un letto e sentivo delle voci.
Riconobbi le voci di mia madre e di mia zia che parlavano, forse, con il medico che mi aveva operato e che, …piano piano cominciavo a capire, stava spiegando l’operazione. Non avevo voglia di aprire gli occhi, il solo pensiero della luce mi faceva star male, avevo la bocca impastata, ma stavo ritornando di nuovo pienamente cosciente. “Stia pure tranquilla signora” – diceva il medico a mia madre – “vede, il taglio è poco più lungo di quello che facciamo di solito, ma era un’appendicite molto brutta. Però nel giro di un po’ di tempo, quando saranno ricresciuti i peli del pube al suo ragazzo, non si vedrà molto. Si, la parte più alta della cicatrice sarà visibile ma, ovviamente, …solo quando suo figlio si toglierà le mutande…” sentii delle risatine. Realizzai che mi stavano osservando e che ero praticamente nudo da metà torace in giù, solo una camicetta ospedaliera infilata e via, senza neppure che fosse allacciata dietro la schiena, e poi nulla, cazzo e palle al vento, tutto depilato per l’operazione, e per di più davanti a mia madre e…a mia zia. Ormai la situazione mi era chiarissima, ed ero perfettamente cosciente anche se continuavo a tenere gli occhi chiusi, anzi a quel punto dovevo per forza fingere di essere ancora anestetizzato, solo così l’imbarazzo poteva essere sopportabile. Sentivo il fresco dell’aria che mi accarezzava le palle, sentii il medico che salutava dicendo “tra un’ora o due si risveglia, non gli abbiamo messo il catetere, appena sveglio gli faccia fare subito la pipì… la saluto, se c’è qualcosa mi faccia chiamare”. Qualche istante di silenzio, poi la voce di mia zia che rivolta a mia madre, e con tono un po’ scherzoso diceva “però Lucia, …è messo bene là sotto il piccolo Andrea. L’ultima volta che gli ho cambiato il costumino avrà avuto sì e no dodici anni, ma da allora, gli è cresciuto di molto il pistolino, non c’è che dire” “Davvero Marta” – rispose mia madre – “effettivamente anche io ormai da qualche anno non glielo avevo più visto, …sai è grande e giustamente non si fa vedere nudo da me, né quando si cambia e neanche quando si fa la doccia. Direi che… è anche meglio di suo padre” Risero tutte e due di gusto. Non ci potevo credere, mia madre e mia zia che discutevano e ridacchiavano sulle misure del mio pisello, ed io che stavo lì nudo, depilato e spaparanzato a dare spettacolo. Probabilmente mi avevano messo in una cameretta singola ed eravamo soli, però cazzo… un po’ di privacy ! Sentii una mano che mi accarezzava la coscia e che salendo mi afferrava delicatamente le palle, rigirandole tra le dita “ Marta, te che hai studiato biologia, è normale che una palla sia più grossa dell’altra ?” mia madre stava evidentemente palpando i miei gioielli e scrutava attentamente la dimensione delle mie palle, avendo notato una certa disparità. “Ma certo – rispose rassicurante mia zia – un testicolo si sviluppa sempre di più dell’altro, è normale. In genere è il sinistro e infatti vedi, la pallina destra è un po’ più piccola” La “pallina ?!”, …parlavano di me come di un bambino, però intanto mi tastavano le palle come se scegliessero le albicocche al mercato. “L’importante – proseguiva dotta la zia – e che non ci siano grumi o che non abbia il varicocele, ma… mi sembra di no, fammi sentire, scusa, …no, mi sembra tutto a posto” Anche lei mi stava palpando le palle, come se fosse roba pubblica, praticamente se le contendevano. Evidentemente, il fatto di poter sfruttare quella situazione inattesa per vedere quello che era sempre stato celato, le incuriosiva da morire. Del resto, da quando avevo sviluppato, avevo molto senso del pudore ed evitavo di farmi vedere nudo in casa, come giustamente aveva notato mia madre, quindi l’occasione era davvero troppo ghiotta per loro.
In breve però, quella conversazione, quella strana situazione, e soprattutto quella prolungata palpata di palle, provocarono la reazione che era la più prevedibile, iniziai a sentire una specie di solletico lungo tutto il pisello e percepii dei piccoli sussulti, in sostanza stava iniziando a diventarmi duro e le mie improvvisate infermiere non tardarono ad accorgersene. “Ecco Lucia – disse mia zia – con le nostre manipolazioni gli abbiamo fatto risvegliare il “pipi”, del resto è un ragazzo in piena tempesta ormonale, alla sua età, figurati, si farà due o tre seghe al giorno, ah, ahh (risatina)”
“Ma che dici – rispose mia madre scandalizzata – non credo che Andrea si masturbi, è troppo piccolo… – poi ripensandoci – Cioè, no, ora che mi ci fai pensare, mi sa che hai ragione. Una volta sentivo uno strano sciacquettìo "ritmato" sotto la doccia, e poi, …è vero, trovo spesso nel cestino in camera sua dei fazzolettini di carta appiccicosi e secchi, e credo proprio che non siano per soffiate di naso”. Incredibile, mia madre confessava di avere spiato i miei fazzolettini sporchi di sborra e ne discuteva tranquillamente con mia zia,… va bene che era come se non ci fossi, però…! Continuavo a fingere di essere ancora incosciente, era l’unica salvezza per me. E poi, il gioco incominciava a stuzzicarmi…
“Ma certo che si farà le seghe, mia cara Lucia” incalzava mia zia ostentando esperienza – e certamente già da qualche anno” – precisava. “Ti ricordi quando è venuto a dormire da me per una settimana, l’estate scorsa, che tu eri via per il Congresso, bene la mattina quando andavo nella sua camera a svegliarlo vedevo certe erezioni sotto il pigiama, che non ti dico. E diverse volte l’ho proprio visto, nudo sul letto, che se lo menava, magari aveva chiuso male la porta o pensava che io dormissi, la sera tardi, certe sborrate da riempire un lenzuolo” Ahi capito la zietta… mi spiava mentre mi segavo da dietro la porta chiusa male. E io che pensavo che fosse una zitella asessuta.
“E’ cresciuto davvero il mio Andrea, ormai è un giovanotto…” diceva mia madre, e giù un’altra strizzatina affettuosa alle palle. Ora però la mano di mia madre, dalle palle si era spostata sull’asta del mio cazzo, praticamente già del tutto ritto anche se ancora incappucciato nel prepuzio e appoggiato sulla mia pancia, e lo sfiorava leggera nella parte di sotto, la più sensibile, per tutta la lunghezza. “Marta, – chiese mia madre alla zia – pensi che potrebbe avere avuto già un rapporto sessuale ? “Lucia, non credo, è ancora giovane e poi, ha avuto poche storie e solo di poco tempo, no… non credo proprio. Certo – proseguì la zia – i mezzi non gli mancherebbero, guarda qua che arnese” Alludeva alle dimensioni del mio arnese che ormai era arrivato alla massima erezione possibile. “Però Lucia, – aggiunse la zia premurosa – già che lo possiamo osservare da vicino, conviene vedere se anche la funzionalità del suo prepuzio è buona, cioè Lucia, …voglio dire (evidentemente mia madre aveva fatto la faccia di una che non capisce) …voglio dire, vediamo se gli si scappella bene, sai a molti ragazzi rimane il frenulo un po’ corto e allora bisogna operarli.” “Ma no – rispose mia madre – ricordo che quando era ancora un bambino tutte le volte che gli facevo il bagno glielo scappellavo io, e spesso …gli veniva duro, ah…certo lui non se ne rendeva neppure conto ma, aveva un pistolino tutto scappellato e molto duro, niente da dire.” “Beh, ma già che ci siamo, è meglio controllare, no ? – insisteva mia zia, evidentemente vogliosa di verificare con le sue mani, la funzionalità della mia giovanile cappella – vediamo… scusa, fammi controllare” E sentii una mano che mi afferrava il pene a metà, e che aiutandosi con il pollice che scorreva sulla mia cappella, tirava in giù la pelle, poi di nuovo in su, fino a richiuderlo tutto, poi ancora in giù… una sega divina. Ero allo spasimo, ma resistevo nel dimostrarmi ancora anestetizzato e, per quanto possibile, indifferente.
“Ma, Marta, – disse mia madre – così gli stai facendo … gli stai facendo proprio una sega, se insisti lo farai venire”. “Beh, non gli farà male, anzi magari gli scarica un po’ la tensione”. Mia zia ormai eccitata si era lanciata in una sega mondiale, e voleva portare a termine il lavoro. Io, pur simulando il sonno più profondo, iniziai a mugolare leggermente.
Sentii altre mani, evidentemente quelle di mia madre, che iniziavano ad accarezzarmi i piedi nudi e le gambe, le cosce, su fino alle palle, rinnovando quelle delicate palpatine di poco prima, la zia insisteva nella sega con frequenza aumentata e mia madre che mi accarezzava le palle… che situazione incredibile, ma era a dir poco divina, aumentavo progressivamente il respiro e il cuore mi batteva forte. In poco tempo arrivai al culmine dell’orgasmo e, anche se non potevo vedere nulla tenendo sempre gli occhi ermeticamente chiusi, detti fuori tre, quattro fiotti di sborra, fortissimi, tanto che uno degli spruzzi lo sentii arrivare addirittura su un piede. “Beh, si è liberato, poverino, ora magari quando si sveglia starà meglio”. Mia zia era fiera della buona azione compiuta, e anche mia madre non sembrò che avesse nulla da ridire, dicendo solo “Sei sicura che non gli avrà fatto male, beh sì, magari sarà più rilassato, del resto alla sua età è normale che ci si debba sfogare, …spesso”.
Sentii che mi ripulivano con dei fazzolettini umidi, per prima la cappella mentre tenevano l’asta del mio cazzo ferma con l’altra mano, poi la pancia, evidentemente piena di sperma, poi le gambe, qualche goccia anche sul lenzuolo, infine …il piede imbrattato. Poi, dopo ancora qualche carezza sul mio pisello ormai ammosciato, e sentii che tiravano su il lenzuolo per coprirmi. Restai ancora qualche minuto immobile, poi iniziai a socchiudere gli occhi “…mamma, dove siamo ?” – “Caro ti stai svegliando, come ti senti ?” “Ho la bocca amara, ho un po’ sete” risposi. Mia madre mi porse un bicchiere alle labbra tenendomi la testa da dietro. Vidi mia zia da un lato del letto, “Zia Marta, ciao, sei qui ?” Certo Andrea, ti senti meglio ? “Mhh – risposi – insomma, diciamo così così” “Dovresti provare a fare la pipì, lo ha detto il dottore – disse solerte la zia – Lucia, prendi il pappagallo di plastica, così Andrea prova a fare pipì”. “Andrea, – disse pudica mia madre – tieni, vuoi provare da solo?” “No, risposi, mi tira un po’ la ferita, se mi aiutate è meglio, fate voi”. “Certo caro, – incalzò la zia – mica ti devi vergognare di noi, ci mancherebbe” e così facendo, tirò giù il lenzuolo scoprendomi di nuovo fino alle caviglie, prendendomi il pisello tra le mani e abboccandolo delicatamente al pappagallo di plastica per pisciare. Nel mentre, mia madre mi accarezzava le gambe e, ..le cosce, fino alle palle … così, solo per stimolare la pipì che non arrivava mai. Alla fine ce la feci, ma quando estrassi il pisello dall’accessorio ospedaliero di plastica notai che già mi si stava rizzando di nuovo. Le due donne indugiarono qualche secondo per mettere a posto il pappagallo per cui il mio pisello ebbe tempo di ritornare nuovamente eretto. "Feci finta di accorgermene così, per caso e dissi fingendomi imbarazzato "scusate, non so, …forse è la reazione dell’anestesia“ “Oh, niente, – risposero insieme – sei un giovanotto è normale, e poi siamo tua madre e tua zia, mica ti devi vergognare ” e, dopo un’altra amorevole carezza al mio pisello e sulle mie palle, tirarono su il lenzuolo, premurose.