Il nostro primo concerto

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I giorni passano e lo sconosciuto che aveva risposto all’annuncio ha un imprevisto per cui non riusciamo ad organizzarci. Altri però rispondono. Ne vedo alcuni e scelgo quelli che possono stuzzicare la nostra fantasia. Avremo da divertirci. Anche se per divertirci non abbiamo bisogno di altro che noi.
Ormai è estate. Il caldo afoso spinge molti a trovare riparo al mare. Anche lei si trasferisce in una piccola località balneare per alcuni giorni.
La raggiungo. È bello stare in spiaggia con lei. Sdraiati uno affianco all’altro. Baciarci, scherzare, ridere come due bambini, parlare delle nostre fantasie erotiche. È un continuo stato di eccitazione mentale e fisica. Un’eccitazione che le acque del mare non possono placare. Anzi.
Immersi lì dentro i nostri corpi si avvicinano, i nostri sessi si cercano e alla fine si trovano. Le mie mani entrano ed escono della sua figa. I suoi occhi esultano. D’un tratto le sono dentro con il mio cazzo. Sento l’acqua diventare più calda. Entro ed esco lentamente per non dare troppo nell’occhio. Lei viene.
Riusciamo per poco tempo a sfruttare il mio appartamento lì vicino. Attimi brevi ma intensi conditi dalla paura che la madre possa andare in spiaggia e non trovarla. Attimi in cui le

farcisco il culo di sborra, di tutta quella sborra accumulata quando sono lì con lei e non posso possederla.
La troia lo sa e gioca. Gioca come solo una gran troia sa fare. Adora essere desiderata. E il desiderio del suo uomo la eccita ancora di più.
Tutto può diventare un momento eccitante. Basta uno sguardo. Del resto poche ore prima eravamo in auto e lei mangiava un barretta di cioccolato Kinder. Uno sguardo. Ora non era più un barretta di cioccolato ma un cazzo di colore. Il cioccolato nero esterno avrebbe lasciato spazio a quello bianco interno. Le sue labbra lo succhiano voluttuosamente.
Ne prendo un’altra quasi sciolta dal caldo, mi tiro fuori il cazzo e ne spalmo un po’ sulla cappella.
Lei si china.
Le sue labbra si poggiano sulla mia cappella.
Sento il calore della sua bocca, i movimenti della sua lingua. Ripulisce tutta la cioccolata e si rialza.
Ci baciamo e la riaccompagno a casa dalla mamma.

È il giorno del concerto. Quel concerto per il quale era riuscita ad ottenere l’autorizzazione da parte dei genitori. Sarebbe stato il suo primo concerto. Il nostro primo concerto.
È mattina.
Un imprevisto.
Forse i suoi oltre ad accompagnarla rimarranno a gustarsi la musica. Dovremmo stare più attenti.
Qualche bottiglia di acqua ed una di vino e mi avvio.
Sono lì ad aspettarla all’entrata. Mi scrive che è nervosa. Intravedo in lontananza la sua auto. Distolgo lo sguardo per non far sospettare nulla ai suoi genitori. Lo stesso fa lei e, nel farlo, i nostri occhi si incrociano per un attimo.
L’auto si ferma.

Lei scende. L’auto riparte.
Pericolo scampato.
I suoi alla fine hanno deciso che faranno solo da tassisti.
Mi viene incontro. Ci abbracciamo. È bellissima, forse anche più del solito. Il look è quello adatto alla situazione. Si abbina perfettamente ad un artista che è stato la colonna sonora di una generazione di ribelli.
Entriamo.
Distesi sul parco parliamo anche di questo. Con lo sguardo analizziamo chi ci sta attorno. Cerchiamo di capirne le storie che si portano dietro. Ma i nostri sguardi cercano anche altro.
Vedo il movimento del suo viso seguire il culo di una ragazza.
La guardo. Sorride.
Ebbene sì. La mia ragazza. La ragazza che amo. Adoro il sesso in tutte le sue forme. Non è bisex ma, appunto, pansex (se ne ignorate il significato, provate a cercare su Google).
Sono sdraiato sull’erba con la mia ragazza a parlare di altre ragazze, dei loro culi. Tutto ciò è fantastico. Le confesso che mi piacerebbe molto vederla insieme ad un’altra ragazza.
No. Non è la classica fantasia erotica. È piuttosto la voglia di vederla godere in modo diverso. So che adora il cazzo. So che sarebbe capace di prendere quanti più cazzi si trovi di fronte. Ho visto i suoi occhi godere quando il mio cazzo o quello di un altro la scopano. Per questo l’idea di vederla godere in modo diverso, in assenza di cazzo, mi affascina, mi eccita.
Siamo ancora sdraiati quando un tizio ci chiede se parlassimo inglese. Le indico lei. Scambiano qualche parola. Capisco qualcosa. Va via ed immaginiamo noi ospiti a Londra da lui. Sapremmo ricambiare l’ospitalità.
È il momento clou del concerto. L’artista tanto atteso sta per entrare in scena. Lo vediamo salire la scaletta da dietro e subito ci buttiamo nella mischia del concerto.
Una ragazza ci chiede se quello che c’è in bottiglia fosse Coca Cola. «Sì», rispondiamo mentendo spudoratamente. È vino. Il vino del nonno. Un sorso e se ne accorge. Mi manda simpaticamente a quel paese mentre la mia lei per rimediare le porge una bottiglietta d’acqua. Si scambiano uno sguardo che non sa solo di ringraziamento.
Iniziamo a ballare. Le sono dietro.
Le mie mani la toccano.
Ogni tanto le giro il collo e la bacio sempre premendo da dietro. Intanto gli altri uomini attorno non possono fare a meno di notarla.
È così la mia troia. Non passa mai inosservata. Emana sesso e desiderio da tutti i pori.
Un ragazzo le balla vicino. Ci guardiamo.
Ci capiamo.
Ogni tanto cerca il contatto col suo corpo. Lo trova per un attimo. Il suo cazzo starà già desiderando la mia troia. Si gira verso gli amici ed esclama: «ci sta! Ci sta!».
Intanto anche la mia zoccola è tutto un bollore. Piano piano le mie dita si intrufolano nella sua figa. È bagnatissima.
Ha voglia. Voglia di cazzo.
Con le mie dita dentro continua a ballare regolando, essa stessa, il movimento, il piacere.
Il ragazzo guarda stupefatto. Dopo un po’ però va via.
Continuiamo a ballare. Davanti a noi un ragazzo incappucciato con affianco un suo amico. Ballando lei si avvicina a lui di spalle.
Sente il suo corpo. Intuisco.
La giro verso di me e ci baciamo. Le dico di fargli sentire il culo.
Ora le sue chiappe strusciano contro quelle del ragazzo. La rigiro di nuovo.
Le nostre mani unite esplorano il suo corpo.
Ormai i suoi capezzoli sono eretti a dismisura così come sicuramente sarà il cazzo del nostro vicino. Anche l’amico affianco a lui si accorge della situazione. Si scambiano due parole. Noi due stretti in un abbraccio d’amore continuiamo a ballare.
Siamo felici. Siamo noi. Liberi di amarci.
Mi avvicino al suo orecchio e le sussurro: «fagli vedere quanto sei puttana, fagli sentire il tuo corpo». Così facendo la avvicino al suo di corpo.
Ora lei è in mezzo a noi. Io che premo da dietro col mio corpo ed il mio cazzo e lei che muove sapientemente il suo corpo strofinando le sue tette sullo sconosciuto incappucciato girato di spalle.
La rigiro verso di me per baciarla. I loro culi si urtano di nuovo.
D’improvviso la mano dello sconosciuto la tocca in modo deciso sul culo perlustrando con le dita l’insenatura del suo solco.
Brivido.
Lei mi bacia e mi dice ti amo. Lui la guarda e non capisce.
Il nostro modo di amarci non può capirlo chi lega l’amore all’idea del possesso.
L’audacia dello sconosciuto non si spinge oltre.

Siamo quasi alla fine del concerto. Ci addentriamo ancora più vicini al palco. Lei ormai è super eccitata. Si guarda intorno come una cacciatrice in cerca delle sue prede. Mi avvicino all’orecchio e le dico: «io ti seguo fai quello che vuoi».
Un’ultima ballata ed il concerto è finito.
In attesa dell’eventuale rientro sul palco vedo che si sposta verso un gruppo di tre ragazzi. Purtroppo il concerto è realmente finito. Se ci fosse stata un’altra canzone sarebbe potuto succedere di tutto. Ormai era talmente eccitata che si sarebbe fatta scopare lì davanti a tutti.
I suoi genitori la avvisano che la attendono fuori. Prima di uscire ho bisogno di fare pipì. La faccio e lei, incurante di occhi invadenti, mi tocca il cazzo.
Ci incamminiamo verso l’uscita. Incontro un amico. Lo saluto. «Lei è la mia ragazza». Sono orgoglioso della mia ragazza. La amo per tutto quello che è. Lei lo sa. Mi bacia. Mi dice più volte ti amo.
Prima di uscire ci scambiamo un ultimo bacio. Solo dopo sapremo di aver quasi rischiato di essere visti dal padre.
Torno a casa. Su WhatsApp riviviamo la giornata. Siamo strafelici ed eccitati all’inverosimile. «Sono tornata a casa ed ero proprio fradicia. Sono stata eccitata per tutto il concerto», mi scrive.
Il suo primo concerto, il nostro primo concerto, lo ricorderemo.

Tre giorni senza vederci

Giorno dopo il concerto. Lei è al mare con i suoi genitori. Per un paio di giorni non riusciremo a vederci ma è come se fossimo sempre insieme. Le nostre menti sono in continua connessione. I nostri corpi sentono il nostro odore. A volte è come se percepissimo la presenza dell’altro anche a distanza.
È mattina. Le invio, come sempre, ciò che ho scritto sul nostro concerto. Il nostro è un racconto a quattro mani. A volte anche di più. Io non faccio altro che trasferire su questi fogli le emozioni che noi ci diamo.
Le emozioni di due persone che si amano.
Un amore libero dal possesso. L’amore di due persone che sono libere di scegliersi ogni giorno. Ed ogni giorno lo facciamo. Essere in due e sentirsi liberi. Un amore che non incatena ma che sprigiona il meglio di noi. Un amore che alimenta le nostre passioni. Anche quelle che fino ad ora non sapevamo di avere.
Del resto le pagine che state leggendo non ci sarebbero mai state senza noi. Senza il nostro amore.
Durante la giornata ripercorriamo un po’ insieme il concerto. Pensiamo a quanto sia stato bello. A cosa sarebbe potuto succedere se uno degli sconosciuti avesse osato di più. Se solo per un attimo mi fossi allontanato lasciandola lì da sola. Se il concerto fosse proseguito per un altro po’. Tutte

fantasie eccitanti. Ma nulla rispetto alla realtà vissuta.
È stato fantastico.
E lo è stato perché c’eravamo noi.
Io la amo. Lei mi ama. Ce lo dimostriamo ogni giorno. Siamo liberi di esprimere il nostro meglio. Di dirci quello che sentiamo in quel momento. Liberi di non tradire mai la nostra fiducia. E lo percepiamo entrambi.
In serata mi chiede se può scrivere, a quello che finora è stato il nostro unico uomo, un po’ dei dettagli del concerto.
«Tu puoi fare quello che vuoi». La curiosità sale.
L’eccitazione pure.
Chiedo come avesse reagito.
«Ha detto che sono una troia».
Sento il mio cazzo indurirsi. Siamo entrambi fieri di questa cosa. Ci piace. È stupendo che la propria donna possa esprimere liberamente la propria voglia di cazzo e farlo insieme alla persona che ama.
Le dico che dovremo avvisare un ragazzo che avremmo dovuto vedere in settimana che purtroppo non riusciamo. Finora ho tenuto solo io i contatti con lui e per evitare pensi si tratti di un bidone le chiedo se può registrare un messaggio vocale da inviargli.
La sola idea di ascoltare la sua voce provocare un altro uomo, tenerlo sulle spine, fargli pregustare ciò che lo attende mi manda in estasi.
Seconda erezione.
Mi racconta poi che un ragazzo a cui aveva lasciato il suo numero ci stava provando con lei con la scusa di alcune traduzioni. Ragazzo subito cestinato.
Non c’è posto per altre persone se non nei nostri giochi. Terza erezione.

Vado in bagno prima di andare a dormire e mi ritrovo la cappella ricoperta di presperma. Persino il mio culo è un colabrodo.
Benvenuti nel nostro mondo.

Un altro giorno senza lei. È mattina.
Vibra il telefono. È lei.
È in spiaggia ed un signore anziano ha appena cercato un approccio. Si avvicina al suo ombrellone e le dice: «sa, lei ha un bel fisico. La ammiravo. Fortunata la sua dolce metà».
È un anziano che la conosce ma che oggi non ricorda o sfrutta la sua età per mimare un’amnesia. Non esiste uomo che possa res****re al fascino della mia giovane troia.
Chissà forse ci avrà visti mentre nei giorni scorsi eravamo in acqua. Di sicuro quando vede arrivare suo padre comprende di chi si tratti. Si avvicina di nuovo a parlare con lui e lancia un battutina su quanto sia cresciuta la propria figlia.
Che vecchio porco.
Non sa che se solo riuscisse ad immaginare i sui occhi estasiati, le sue urla, i suoi umori uscire dalla sua figa, rischierebbe un infarto lì su quella spiaggia.
No.
Non sarebbe una morte dovuta alla calura estiva. Sarebbe la migliore delle morti.

È sera. Il mio amore mi avvisa che tra un po’ uscirà con un suo amico. Non è solo un amico. È anche un suo compagno di classe e, prima che conoscesse me, le aveva fatto una sega in classe mentre il professore era lì a spiegare.
Vi ricorda qualcosa? Sì. È proprio lui. Il ragazzo di cui mi

aveva parlato mentre in una delle nostre prime scopate immaginava di essere stata scoperta dal professore e spedita per punizione dal preside.
La cosa non mi provoca alcuna gelosia. Mi fido di lei.
La amo.
E quando mi racconta che le ha parlato di me, che le ha detto che mi ama e che sono l’unico uomo con cui sta, mi emoziono ed ho per l’ennesima volta la conferma di essere la “sua fortunata dolce metà”. Ma non è solo una questione di bellezza fisica, mio, e forse non solo mio, caro nonnetto.

Terzo giorno di lontananza. Stasera per fortuna riusciremo a vederci. Giusto il tempo di un bacio e di una carezza. Sono emozionato come la prima volta. E del resto la situazione ricorda molto la nostra prima volta.
Dopo una mattinata dedicata allo sport, va a rilassarsi un po’ sulla spiaggia. Come il giorno precedente l’arzillo vecchietto approfitta dei momenti in cui è sola per parlare con lei. Ma sulla spiaggia c’è anche altro.
L’estate è ormai nella sua fase piena ed iniziano a tornare gli emigrati. I piccoli centri del sud si popolano tra l’altro di meridionali di seconda o terza generazione che approfittano delle vecchie case dei loro genitori per godersi un po’ di sole.
Culture ed etnie si mescolano.
Ad attirare la sua attenzione è un quarantenne svizzero con moglie italiana al seguito.
È eccitata la mia troia.
Mi dice che nel vederlo correre ha esclamato un wow.
La immagino lì che lo guarda con gli occhi da puttana insaziabile.
Io intanto la avviso che sto per andare ad incontrare due

ragazzi che hanno risposto al nostro annuncio.
«Speriamo siano come lo svizzero», le dico.
«Credo sia difficile», risponde.
Deve proprio aver stimolato i suoi ormoni l’uomo venuto dal nord.
Dopo l’incontro con i due ragazzi la informo che mi hanno fatto una buona impressione. Le invio la foto di uno dei due e lei approva.
Durante il ritorno in auto mi sono venuti in mente due flash, uno sullo svizzero e l’altro sui due appena incontrati. Glielo dico.
Finalmente riusciamo a sentirci al telefono.
«Immagina noi due sulla spiaggia. Lo svizzero lì vicino a noi.
Io mi faccio un po’ in disparte quasi come se non ci conoscessimo.
Intanto tu ti avvicini a lui. Inizi a parlarci. Inizi a provocarlo come solo tu, con la tua arte da zoccola, sai fare.
Ed io che osservo.
Tu che sai che i miei occhi sono lì ad ammirarti, le mie orecchie provano a carpire cosa vi stiate dicendo.
Tu che lo porti al massimo dell’eccitazione.
Voi che vi alzate e vi incamminate in qualche zona della spiaggia più isolata.
Io che a distanza vi seguo. Seguo i vostri passi.
Ecco.
Siete lì in un angolo nascosto della spiaggia. Lo tocchi.
Ti inginocchi.
Lentamente fai scivolare il suo costume. Il suo cazzo svetta davanti alla tua bocca. Le tue labbra lo accolgono.

Sai che io sono lì a godermi lo spettacolo.
A godermi la mia zoccola che si gusta il suo cazzo.
Lo succhi avidamente mentre le tue mani toccano il suo fisico scolpito.
Non resiste.
La sua sborra ti riempe la bocca. Ingoi.
Lo saluti.
Fai pochi passi ed io sono lì. Ci abbracciamo.
Ci baciamo e ti faccio sentire tutto il mio amore».
Al solo sentirmi un brivido pervade il suo corpo. Sento il suo respiro affannato dal desiderio.
Lo stesso avviene quando le sussurro anche l’altro flash che ha per protagonisti i due che ho appena incontrato al bar.

Cena con sorpresa

Sono al solito parcheggio ad attenderla. Venerdì sera. La nostra prima uscita serale.
Piccola parentesi. Proprio oggi ho scoperto che a pochi metri da quello che ormai è diventato il nostro ritrovo fisso abita un indiano che vorrebbe scoparsi la mia troietta. È bello sapere che la propria ragazza si senta libera di confidarsi con te. È una delle cose che più mi piace del nostro rapporto.
Arriva l’autobus. Accosta.
Si apre la porta e lei scende. Bellissima come al solito.
Il mio battito cardiaco aumenta. Ci stringiamo in un abbraccio.
Ci baciamo.
Saliamo in auto e giriamo un paio di farmacie e gioiellerie nella speranza che qualcuna faccia piercing al naso. Ricerca vana.
Ci spostiamo quindi in centro città per un po’ di shopping ed un giro in libreria.
Secondo voi, dopo questo girovagare, con che cosa è tornata a casa il mio amore?
Un vestitino sexy. Diranno i meno attenti.
Un paio di scarpe col tacco. Penseranno i feticisti.
Della lingerie osé. Spereranno i più maliziosi. No. Nulla di tutto ciò.
Un libro. Un bellissimo libro di Ernest Hemingway.
Del resto al lettore più attento non sarà sfuggita la sua grande passione per i libri. L’unica che, forse, supera quella immensa per il cazzo, per i cazzi. Di sicuro non è sfuggita a me che la amo per tutto quello che è e che, se sono qui a riempire queste pagine, è anche per l’inconsapevole passione per la scrittura che lei è riuscita a trasferirmi.
Abbiamo appena finito di cenare al ristorante giapponese. Dell’ottimo sushi più un piatto di riso con verdure e gamberetti, il tutto accompagnato da un buon vino bianco.
Sarà l’effetto del vino. Sarà la nostra voglia. Fatto sta che propongo di inviare un messaggio ad uno dei ragazzi incontrati in questi giorni. Abbozza un no ma, nemmeno dopo un secondo, è lì a chiedermi se abbia risposto.
Lui risponde che è a circa mezzora dal posto in cui siamo diretti io e la mia troia. Poco male. Avremo il tempo di pagare il conto e di fare l’amore io e lei. È da un po’ che non lo facciamo ed abbiamo una voglia pazzesca l’uno dell’altro.
Il nostro nido d’amore sarà il più classico dei parcheggi di una nota catena di supermercati. Classico per le normali coppiette che si appartano per consumare un amore fugace. Ma di classico noi abbiamo ben poco. Siamo noi. Il nostro amore è altro.
E questo è il diario di un amore diverso.
Arriviamo.
Sono le prime luci della notte e nel parcheggio stazionano ancora alcuni addetti del negozio che parlottano tra loro prima di andare via.
Parcheggiamo. La mia mano scende lunga la sua coscia. Lentamente mi avvicino alla sua figa. Sento il tatto del pizzo delle sue mutande. Le scosto. Le mie dita si insinuano dentro di lei.
È un lago.
L’eccitazione che si porta dietro dall’esperienza al concerto e dai giorni in cui non ci siamo visti è lì che si materializza sotto forma di umori.
Il calore brucia la mia mano. Ci baciamo.
In un attimo mi svesto completamente tranne delle scarpe mentre lei fa scivolare giù le mutande.
Druuuuum.
Il suono del sedile che si tira indietro.
Mi posiziono con le ginocchia sul tappetino del suo sedile e finalmente la ho di fronte. I suoi occhi mi implorano di scoparla. La mia cappella si avvicina alle grandi labbra. Entro lentamente. Ci baciamo. Abbiamo atteso questo momento da tempo. Facciamo l’amore delicatamente. Poi inizio a scoparla come si deve.
Il caldo inizia a farsi sentire per cui decidiamo di abbassare i finestrini. Nel frattempo a distanza di sicurezza si è posizionato un guardone ignaro dello spettacolo a cui avrebbe assistito.
«Si è fermata una macchina».
«Sta guardando?», chiede lei.
Al mio sì, la sua eccitazione sale ulteriormente. Mi chiede di scoparla con forza. Non me lo faccio ripetere due volte. Le sono dentro con prepotenza ed i nostri movimenti sono facilmente percepibili dal nostro guardone. Le urla della mia troia in calore fuoriescono dall’abitacolo suonando la nostra sinfonia d’amore.
Provo ad incularla. Lo faccio troppo con foga. Ogni tanto la

mia parte sado prende il sopravvento. Ha quasi le lacrime agli occhi. Esco. La bacio. Entro in figa.
«Ma se arriva il nostro amico e vuole scoparti il culo che figura facciamo se gli dici di no». Le sussurro all’orecchio.
Tolgo il cazzo dalla figa e lentamente spingo di nuovo nel culo. Sono dentro. Questa volta non urla. Gode. Inizio a muovermi e mi chiede di farlo sempre più forte. La scopo. Le spacco il culo. Lei gode.
Sente che sto per godere anche io.
«Fermo», mi fa.
La mia troia adora sentire le pulsazioni del mio cazzo prima che la mia sborra le inondi il culo.
Una pulsazione. Due.
Tre.
Il primo schizzo di sborra le innaffia il culo. Altra pulsazione. Altro schizzo.
Mi svuoto completamente dentro di lei e, nello stesso momento, ci abbracciamo forte.
Esco. Il mio cazzo è già di nuovo in tiro. Le sono dentro.
Ansima. Mi chiede di scoparla più forte che posso.
Vibra il telefono.
Il nostro amico mi avvisa che tra un po’ sarà in zona.
«Tra un po’ avrai un altro cazzo tutto per te». La troia sospira.
Prendo il telefono.
Lo avvicino alla sua bocca.
«Inviagli un messaggio vocale», le dico.
«No».
Un secondo ed è invece lì davanti al telefono che, mentre la scopo, registra il messaggio vocale.
«Aaaaahhh! Aaaaahhh! Aaaaahhh! Ti aspettiamo qui».
Pausa.
«Aaah! Al parcheggio del Conad! Aaah!». Traduzione per i meno esperti di zoccole:
«sono qui che sto godendo come una zoccola ma il cazzo non mi basta mai. Sbrigati ad arrivare che ho voglia di altro cazzo».
«Ho capito. Compro i preservativi», risponde dall’altra parte.
«Li abbiamo noi i preservativi. Devi solo sbrigarti ad arrivare».
Questa volta sono io a parlare.
«Volo».

Passano dieci minuti ed intravedo delle luci dietro di noi. Vibra il telefono. È lui.
Ci chiede se può accostarsi. Lo fa.
Il respiro della mia puttana si fa ancora più affannato.
Il ragazzo ci guarda da dentro la sua auto mentre io la sto scopando e lei ansima.
Faccio cenno di avvicinarsi. Un passo.
Due.
È lì fermo davanti al finestrino che ci guarda.
«Buonasera», fa con aria da marpione. La mia troia sorride.
Per un attimo penso alla differenza tra il ragazzo che abbiamo di fronte ed il nostro primo uomo. Quello, il classico bravo ragazzo di famiglia benestante. Una faccia anonima. A volte quasi impacciato anche se è stato bravissimo nel far godere il mio amore. Questo, un bel ragazzo dai modi sicuri di chi è abituato a rimorchiare le ragazze nelle serate della movida cittadina. Di certo, però, una troia come quella che si ritrova davanti in questo momento non l’avrà mai conosciuta.
Lui che guarda.
Io che scopo la mia troia.

Le mie labbra si avvicinano al suo orecchio.
«Vuoi aprirgli tu lo sportello?».
Il suo braccio sinistro si allunga. Lo sportello si apre.
Lui si siede al lato guida. Sorride.
Ricambiamo.
Continuo a scoparla ed intanto le sue mani iniziano a prendere confidenza col suo corpo.
Prima il collo. Poi i seni.
Ora le sue dita le stringono i capezzoli. Io intanto esco dalla sua figa ed entro in culo. Le mani del nostro uomo scendono verso la figa. Lei ansima. Intanto la sua mano sinistra si avvicina al corpo del nostro uomo. Lui le prende la mano e la porta verso la patta dei pantaloni.
Mmmh.
La mia troia è contenta per quello che ha trovato.
I suoi pantaloni si abbassano. Dalle mutande fuoriesce un cazzo di buone dimensioni. Lei lo stringe in mano.
Sto scopando la mia ragazza mentre lei sega un altro ragazzo. E, in tutto ciò, un altro uomo da lontano si sta gustando la scena. Vista la distanza può solo immaginare cosa stia succedendo in quella piccola auto ma le urla della mia troia ed i movimenti dell’abitacolo non lasciano molti dubbi. Il suo cazzo sarà duro forse anche più dei nostri.
Decido che è il momento che sia lui a scoparla. Gli porgo un preservativo.
Lo indossa.
C’è solo un piccolo problema. L’auto in cui siamo è una piccola auto a due posti di produzione tedesca. Il suo nome si traduce letteralmente in italiano con “intelligente”. Penso che per quanto potesse essere intelligente l’ideatore non avrebbe mai pensato che qualcuno avrebbe avuto la brillante idea di scoparci in tre.
Come fare quindi per darsi il cambio? Semplice!
Così, nudo, con solo le scarpe addosso, apro lo sportello e faccio il giro dell’auto per risalire dal lato guida. Nel mentre il nostro uomo prende la mia posizione.
Immagino la faccia del guardone nel vedere la scena. Entro.
Il ragazzo punta il cazzo verso la figa della mia troia. È dentro.
Urla.
La sua mano tocca il mio cazzo.
Lui inizia a scoparla con un ritmo martellante. Lei ansima.
Grida. Strepita.
I suoi occhi da puttana in calore guardano il fortunato ragazzo per incitarlo a scoparla più forte. Le mie mani e quelle del ragazzo perlustrano il suo corpo.
La mia mano sinistra scende verso il suo culo. Il suo cazzo dentro la figa.
Un dito. Due.
Sono dentro il suo culo.
Il suo corpo è tutto un fremito.
Il ragazzo continua a scoparla insistentemente. Lei gode.
Gode come solo lei sa fare.
Nel godere le sue unghie si insinuano sulla sua pelle. La troia adoro lasciare il segno. Adora l’idea che al nostro uomo gli toccherà nascondersi o giustificarsi con la propria ragazza. Di certo non potrà dirle la verità. Non potrà confessarle di aver incontrato la più grande puttana che l’uomo possa mai immaginare.
Lui che la scopa. Lei mi guarda.
Lo guarda.
Ogni sguardo una nuova emozione. La sua mano le tocca il seno destro.
Le mie mani le stringono quello sinistro. I miei denti ne solleticano il capezzolo. È felice.
Siamo felici. Godiamo.
Ci amiamo.
Lui si ferma. Ci diamo nuovamente il cambio. Adesso il mio cazzo ha perso un po’ di consistenza. Non riesco ad entrare. Chiedo a lui se nel frattempo vuole scoparla. Risponde che è nella mia stessa condizione.
Troppo caldo.
Troppa piccola l’auto.
Troppo affamata di cazzi il mio amore. Lei sorride.
«Io non ho alcun problema a continuare».
Che zoccola. Che magnifica ed immensa zoccola.
«Hai qualche altro numero da chiamare?», prosegue.
Sorridiamo. Ci fermiamo. Parliamo un po’ e lui ci chiede se fossimo disponibili il giorno dopo perché forse avrebbe avuto casa libera. Purtroppo lei non c’è.
Domanda dove sia la casa. Conosce la zona la mia troia. Prima di conoscere me ha fatto felici in molti da quelle parti. Ci tiene alla sua fama da troia. Ed a me piace quando vuole dimostrare tutta la sua immensa voglia di cazzo.
Il fatto che si senta libera di farlo con me, la persona che ama e che la ama, è qualcosa di incomprensibile per molti (si spera) tra voi che leggerete questo libro, ma è qualcosa di indescrivibilmente bello, straordinario.
Il nostro ragazzo capisce che ha esaurito la sua funzione. Ci salutiamo.
È un arrivederci. E non solo con lui.

Rimaniamo soli, in compagnia del nostro guardone che ci segue a distanza, e ci baciamo come due ragazzini che si scambiano il loro primo bacio.
«Ti amo». Esclamiamo all’unisono.
Del resto anche il nostro uomo non ha potuto fare a meno di notare la nostra complicità, il nostro amore.
Il mio cazzo riprende consistenza e ci regaliamo l’ultimo orgasmo della serata.
Mentre ci stiamo ricomponendo squilla il suo telefono. È una sua amica. Risponde e le dice che abbiamo incontrato un mio amico e siamo andati a prendere un caffè assieme.
Gran bel caffè direi.
Ci rivestiamo e decidiamo di fare un giro ad un concerto lì vicino. Passeggiamo un po’, mano nella mano, come la più normale delle coppie e decidiamo di rientrare a casa visto che l’artista di punta della serata si esibirà troppo tardi per i nostri orari scanditi dai limiti della sua giovane età.
Nessun problema. Abbiamo molto tempo da passare insieme e nuove emozioni da vivere e far vivere.
Intanto ci riteniamo soddisfatti della nostra prima cena insieme. Compreso il caffè con l’amico.

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